tag:blogger.com,1999:blog-45189698253683934822024-02-21T01:47:20.977-08:00VADO, CIAOAtmosfere di viaggioLoredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.comBlogger36125tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-64831172321886954392018-05-17T05:16:00.000-07:002018-05-17T05:16:59.899-07:00A Venezia inseguendo Corto Maltese<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiq7nEJcp_ZaV1yyIcnBB404LnZ6KPR1KyJx5C0VSKWewpfvOT45f8hKc727eHm9XxrlpLZKPZ8BFsfQgho1LFHbKr-1fd_6sriHJQfzhNKAuXLqxxKXSAEVU_8sS-LLNpsPzUVZa-KryU/s1600/Racconti_di_Viaggio_Corto_Sconto_Copertina+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Venezia-guida-Corto Sconto" border="0" data-original-height="320" data-original-width="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiq7nEJcp_ZaV1yyIcnBB404LnZ6KPR1KyJx5C0VSKWewpfvOT45f8hKc727eHm9XxrlpLZKPZ8BFsfQgho1LFHbKr-1fd_6sriHJQfzhNKAuXLqxxKXSAEVU_8sS-LLNpsPzUVZa-KryU/s1600/Racconti_di_Viaggio_Corto_Sconto_Copertina+%25281%2529.jpg" title="Venezia-guida-Corto sconto" /></a></div>
<em>“Ogni volta che i veneziani sono stanchi di chi li governa, se ne vanno in posti segreti, e quando aprono le porte che si trovano al fondo di questi cortili, partono per sempre per posti meravigliosi e storie diverse</em>.”<br />
(Cit. Hugo Pratt. Corte Sconta detta Arcana)<br />
Corto Sconto è un libro illustrato come un fumetto di Corto Maltese ed è la miglior guida che ci sia all'atmosfera di Venezia: è ricco di aneddoti, informazioni storiche, sociali e architettoniche; non è mai scontato.<br />
<a name='more'></a>È diviso in sei capitoli, sei porte che si aprono su sei percorsi diversi fuori dalla folla, tra cui l’Oro, l’Amore, il Mare e l’Oriente.<br />
Un libro bellissimo anche solo da sfogliare, punteggiato di disegni che riproducono piccoli particolari delle facciate veneziane e della loro storia, che si incrocia con quella dei veneziani di allora e di oggi, di Hugo Pratt e della sua ispirazione.<br />
Non manca nulla: sono menzionati i musei, i palazzi storici, i locali più tradizionali e il loro piatto migliore. Non manca neppure qualche singolare ricetta veneziana e l’origine di alcuni proverbi. Gli aneddoti, imperdibili anch'essi, raccontano molto di Venezia e dei suoi abitanti del passato.<br />
Le mappe sono ovviamente in stile Pratt e le indicazioni sono quelle che si avrebbero chiedendo ad un veneziano: passa il ponte, svolta a destra, cammina fino alla statua, girale intorno, e troverai il posto.<br />
Venezia torna ad essere quello che è sempre stata: un’avventura. E così camminando, si riesce persino a percepire l’aroma del sigaro di Corto Maltese in persona, come se ci avesse appena preceduti, svoltato l’angolo della prossima stradina.<br />
Imperdibile. Nessuno dovrebbe mai visitare Venezia senza questo libro, che ha un solo difetto: manca la versione digitale.<br />
<a href="https://www.amazon.it/Sconto-Maltese-Venezia-nascosta-illustrata/dp/8817033081/">https://www.amazon.it/Sconto-Maltese-Venezia-nascosta-illustrata/dp/8817033081/</a>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-7883711346736285392017-04-01T08:50:00.002-07:002018-05-24T14:17:54.279-07:00La malaria a Zanzibar non c'è. O quasi.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGHbYOCW6ccRQy3aRh3Yok5NuN8SULwCmpCZ4oH4VccOIc5yp17eVpHWJ9_Xe0jSSlmetsi9xLsAZQ23nwGp3pmY9CW5YPq_ZWjAQ2WUYK479-Irgmi1KO863VF9TzUdS7hYsFaRBt4y0/s1600/figure10Tanzania-1.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="mappa-tanzania-malaria" border="0" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGHbYOCW6ccRQy3aRh3Yok5NuN8SULwCmpCZ4oH4VccOIc5yp17eVpHWJ9_Xe0jSSlmetsi9xLsAZQ23nwGp3pmY9CW5YPq_ZWjAQ2WUYK479-Irgmi1KO863VF9TzUdS7hYsFaRBt4y0/s400/figure10Tanzania-1.gif" title="Malaria-a-Zanzibar" width="400" /></a></div>
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Osservando le cartine che rappresentano la diffusione mondiale della malaria, Zanzibar è spesso rappresentata come un punto caldo, ma si tratta di grafici obsoleti. Nel 2017 la malaria a Zanzibar è pressoché scomparsa, cosa che non si può dire della città di Dar es Salaam, in Tanzania, da cui partono i traghetti che in poche ore portano all'isola. Pertanto, se a Zanzibar si verifica qualche caso di malaria, è nella maggior parte dei casi dovuto all'arrivo di una persona che si è infettata in precedenza in altri luoghi e che se punta può a sua volta trasmettere la malattia attraverso la zanzara.</h4>
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Le abitazioni zanzibarine sono disinfestate pesantemente due volte l'anno da circa dieci anni e l'uso delle zanzariere è diffuso, non solo nei luoghi turistici, ma anche nelle case private, soprattutto degli arabi. Il clima inoltre, trattandosi di un'isola, è ventilato e lungo la costa la presenza delle zanzare è bassa rispetto ad altre zone tropicali.<br />
In generale a Zanzibar i casi di malaria sono molto rari. Nella stagione più pericolosa, quella delle piogge che vanno da Aprile a Giugno inoltrato, la maggior parte delle strutture turistiche è chiusa e in generale è sconsigliato visitare l'isola, per via di disagi dovuti alle piogge torrenziali, per la mancanza di un sistema fognario, per le frequenti inondazioni di fango lungo le strade sterrate, e anche per il Ramadan, lì particolarmente rispettato, che rende estremamente difficile procurarsi passaggi o anche solo acqua e cibo per un mese intero.<br />
Durante la stagione secca, la zona più fresca, ventilata e con meno zanzare, è la costa est. Durante il giorno, se si sta in spiaggia, non è necessario usare precauzioni, ma la sera è consigliato vestirsi coprendo gambe e braccia e usare una lozione repellente ben distribuita sulla pelle. Anche le lozioni acquistate sul posto sono efficaci. Nei posti a vegetazione fitta è utile proteggersi anche di giorno con lozioni repellenti e vestiario coprente. <br />
Durante la notte conviene l'uso della zanzariera. Evitare i fornelletti elettrici a piastrina: la corrente salta spesso e potrebbero risultare inefficaci. Acquistare una bomboletta di insetticida e spruzzarne un po' su stipiti di porte e finestre. Non lasciare cibo o acqua stagnante dove si passa la notte.<br />
La cosiddetta "profilassi o prevenzione farmacologica della malaria" si inizia a partire da due settimane prima della partenza e nel caso ci si rechi soltanto a Zanzibar può essere ritenuta superflua. Questi farmaci sono gli stessi che si usano per curare la malaria, ma assunti in dosi più basse: hanno lo scopo, in caso si venga infettati, di impedire alla larva di riprodursi, diminuendo gli effetti dannosi della malattia. L'utilità di questa profilassi è dibattuta e può avere senso se il viaggio è breve (15 gg) e se ci si dirige in zone dove vi è un alto rischio di contrarre la malaria, ma non a Zanzibar.<br />
Ogni ospedale o centro medico della Tanzania ha la strumentazione necessaria per fare un test veloce del sangue alla ricerca della malaria: se i sintomi sono febbre alta, dolori ossei, diarrea e vomito, conviene recarsi subito presso un centro medico, dove i sanitari hanno tutti notevole esperienza di malaria e di intossicazioni legate al cibo e al clima. Ogni farmacia, anche la più semplice, possiede i farmaci necessari.<br />
La malaria è una malattia dovuta a un parassita che si riproduce nel fegato umano e si diffonde nel sangue. La sua trasmissione è determinata dal passaggio del parassita tra umani attraverso la puntura della zanzara. Il parassita della malaria presente in Tanzania è il più pericoloso in termini di gravità dei sintomi, ma bisogna tenere conto che si tratta di una malattia che, se curata tempestivamente, nella maggior parte dei casi non è più grave di una brutta influenza e non lascia conseguenze: il farmaco elimina i parassiti e non c'è rischio di cronicizzazione. I numerosi morti dovuti alla malaria di cui si sente parlare sono persone (in particolare bambini) che abitano in zone rurali dell'Africa, che non fanno prevenzione, non sono curate e sono ripetutamente infettate cronicizzando la malattia per lungo tempo. I bambini in generale sono più esposti alle complicazioni gravi nel caso di questa malattia.<br />
Più che della malaria, a Zanzibar conviene preoccuparsi dell'eccessiva esposizione al sole (mai sottovalutare il sole vicino all'equatore, è molto più forte del nostro) e delle intossicazioni alimentari. Per il sole non basta una crema protettiva (consigliato il fattore 50), ma occorrono cappelli a tesa larga e camicioni a maniche lunghe, che si possono eventualmente bagnare in caso di troppo caldo.<br />
L'acqua non è potabile ed è conservata in cisterne: attenzione al ghiaccio, alcuni lo fanno con l’acqua di bottiglia altri no. Meglio una birra di un cocktail. Attenzione alla frutta sbucciata, alla verdura cruda e ai frullati. In realtà si entra comunque in contatto con l’acqua locale facendosi la doccia, ma è buona precauzione evitare di usarla per lavarsi i denti. Per non sprecare acqua potabile e riempire l'isola di bottiglie di plastica, si può usare una bottiglia vuota riempita di acqua del rubinetto in cui sia stata sciolta una pastiglia di clorina che si compra in farmacia prima di partire. Le pastiglie che avanzano possono essere regalate prime della partenza ai locali che ne conoscono l'utilità. Non ingoiare l’acqua contenete clorina. Usare la stessa acqua disinfettata per sciacquare lo spazzolino.<br />
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Il cibo di strada è sicuro se si tratta di frutta chiusa, cocchi, banane etc o di cibo fritto o bollito <b>al momento</b> (riso, frittelle e in generale il cibo più comunemente consumato dai locali). Il cibo cotto tenuto fuori dal frigo diventa presto pericoloso a causa del clima tropicale. Molti italiani hanno il mito del pesce zanzibarino, che spesso è appena scaricato dalle barche e quindi considerato "fresco": va tenuto presente che proviene da acque molto calde dove si possono comunque sviluppare batteri patogeni ed è magari rimasto su una barca per 4/5 ore, sotto il sole, a temperature che possono essere anche di 10/15 gradi superiori a quelle estive italiane. Anche il termine "abbattimento" della temperatura di carne e pesce non deve essere interpretato alla lettera: i pesci di solito sono conservati dai pescatori in vecchi congelatori, uno sopra l'altro, spesso senza essere stati eviscerati. I congelatori non vengono puliti frequentemente, sono pieni di brina e muffa e le interruzioni della corrente possono durare facilmente 10 ore. La cucina fai da te è pertanto sconsigliata ai viaggiatori inesperti ed è meglio affidarsi a strutture turistiche solide. Evitare uova, maionese e frutti di mare. Preferire latte in polvere (occorre portarselo da casa), non consumare il cibo che è nelle vetrinette di strada: può essere stato sotto il sole per ore. L’olio di frittura è sempre scadente e riutilizzato a oltranza, ma garantisce una certa disinfezione dei cibi se sono cotti al momento.</div>
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In generale, come in tutti i posti tropicali, il cibo deperisce in fretta e le infezioni sono più facili: non è una mera questione di arretratezza, ma di condizioni climatiche molto più complicate. Anche le ferite guariscono più lentamente e si infettano più facilmente. Chi vive a queste latitudini è abituato ad essere più cauto per certe cose, così come chi vive a Milano è più cauto ad attraversare una strada rispetto a chi vive in zone senza traffico.<br />
Le strutture turistiche sono gestite perlopiù da europei e pertanto il livello di sicurezza e di igiene è per quanto possibile vicino a quello a cui siamo abituati in Italia.</div>
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È bene portarsi da casa: preservativi e assorbenti interni (entrambi gli articoli sono rarissimi sull'isola) cappelli, protezione solare e creme dermatologiche per scottature e irritazioni, sandali di plastica per camminare in acqua. Pastiglie di clorina, disinfettante intestinale (bimixin), anti-diarroico (da usare solo alla vera occorrenza: una scarica di diarrea, almeno all'inizio, serve a liberare l'intestino da agenti pericolosi), antibiotico a largo spettro, penicillina in polvere, bende, cerotti, forbicine. </div>
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Attenzione alle vesciche ai piedi: col calore e l'umido si infettano più facilmente.<br />
Un mito occidentale da sfatare è il bere continuamente e in eccesso: non siete nel deserto, ma in una zona umida e trasportare taniche d'acqua per una passeggiata di due ore non ha senso. Una persona alimentata normalmente non rischia la disidratazione per così poco.<br />
Per arrivare a Zanzibar non sono obbligatorie vaccinazioni, a meno che non vi si giunga dopo essere passati da luoghi dove c'è la febbre gialla: in tal caso la richiesta della vaccinazione è un po' a discrezione di chi fa il controllo passaporti.<br />
Il mare di Zanzibar è spettacolare, ma non è facile nuotarci: ci sono maree notevoli e correnti, e spesso a riva si coltivano alghe intorno a centinaia di bastoni piantati nella sabbia che diventano invisibili una volta coperti dall'acqua. Nella sabbia possono esserci ricci di mare. Quando sale la marea, il mare può diventare molto mosso. Per questo motivo, per il calore e per gli standard igienici non sempre al top di tutte le strutture, soprattutto le più economiche, Zanzibar è una meta turistica da evitare ai bambini piccoli, a meno di non avere una certa dimestichezza con i tropici.<br />
<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/" target="_blank">Loredana de Michelis</a></i></div>
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Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-67595900804651782732017-01-29T13:25:00.000-08:002018-05-14T05:07:55.343-07:00Da Anguilla alla Martinica in catamarano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmORab3EYPxSg80HVgyUHXNRR5qiPDyEKprVbwBB0kqpFG9or8_9tYcfoIbAwXE8YqChGdy3aaviNAxI26WHyKUVTbzBu8ELD0HskV9QJy7ljKpsozySgbH48xu1dYC4lJq8j8Zq57v5s/s1600/mart.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="mappa antille" border="0" height="296" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmORab3EYPxSg80HVgyUHXNRR5qiPDyEKprVbwBB0kqpFG9or8_9tYcfoIbAwXE8YqChGdy3aaviNAxI26WHyKUVTbzBu8ELD0HskV9QJy7ljKpsozySgbH48xu1dYC4lJq8j8Zq57v5s/s640/mart.JPG" title="Da Anguilla alla Martinica in catamarano" width="640" /></a></div>
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L'aria è secca, la luce acceca, e il silenzio di un mese di navigazione ha riempito le orecchie d'aria spessa. Le strida degli uccelli sono fitte dolorose che anticipano il pericolo delle scogliere e lo fanno meglio di un ecoscandaglio. Si possono misurare molte distanze, sul ritorno di un eco.</h4>
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Gli umori del cielo si leggono nel riflesso della luce sull'acqua. La marea te la raccontano i dorsi argentati di certi grossi pesci che appaiono e scompaiono secondo un ritmo che s'impara.<br />
L'orologio non serve: ti dice un numero che non significa nulla, quando, al momento esatto del tramonto, il sole tira una tenda di invisibilità totale tra te e gli abissi su cui galleggi. Ora ti guardano loro, ma tu vedi soltanto una superficie. <br />
Lo spazio è così vuoto e pieno di piccoli segnali, che è inutile cercare di registrare suoni o immagini: non è così che si riesce poi a spiegare come sia accaduto che a un certo punto hai scoperto di sapere tante cose e di percepirne ancora di più.<br />
Per riposarsi dall'essere diventato un animale con così tanti organi di senso, ci si può fingere umani di ritorno. I porti furono creati appositamente per ricordare a chi avvista terra ferma che lì sopra vige una legge diversa, di uomini e immobilità.<br />
Sono arrivati gli Alisei e i Carib non abitano più qui. Ora è il tempo degli yacht club e degli americani con le magnum di champagne.<br />
Si può ancora fingere di essere antichi pirati: l'architettura dei porti rimane quella delle conquiste inglesi, olandesi e francesi: funzionale, con poche concessioni alla gloria e molta fretta di fare commercio. La canna da zucchero. L'ananas. I raggruppamenti delle case e quel senso di vago abbandono che rimane quando gli abitanti di un posto non gli appartengono davvero.<br />
Osservandola all'orizzonte, la terra appare un posto troppo fermo, troppo complicato. Ci sono montagne difficili da aggirare e che bloccano la visuale. Sembra un posto riposante ma non è così: tira sempre un'aria di disgrazia incombente, tra il fruscio delle palme e la nebbiolina che impregna colline verdi e spugnose. Una volta a Martinica si svegliò il vulcano e uccise tutti gli abitanti di Saint Pierre. Si salvò solo un pirata: era in prigione.<br />
La terra è una brutta bestia e il profumo delle Antille è quello del pesce salato misto al caramello. Ti assale alla gola come fumo e ti fiacca le membra di nostalgia.<br />
Si scioglie soltanto con il rum.<br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-55348575468354310192016-04-14T02:38:00.000-07:002017-12-12T05:17:49.182-08:00African Impact a Zanzibar<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb6661girDOav3tyd8i5WWXCF0A1KlcQ5yIup65D7qakd-PX-o2_vyJbwC5DS_rGsKgJ31NpKfGyZP9piceueNe7ggZvh8Da3HfX0Uqz0QXISKwdydiG8rC6c1ElskHMe_0ISgPtrIzSI/s1600/CIMG8515.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="villaggio turistico sul mare" border="0" height="442" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb6661girDOav3tyd8i5WWXCF0A1KlcQ5yIup65D7qakd-PX-o2_vyJbwC5DS_rGsKgJ31NpKfGyZP9piceueNe7ggZvh8Da3HfX0Uqz0QXISKwdydiG8rC6c1ElskHMe_0ISgPtrIzSI/s640/CIMG8515.JPG" title="Zanzibar african Impact" width="640" /></a></div>
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Jambiani è un piccolo villaggio della costa orientale di Zanzibar. Turistico ma non troppo, è un posto tranquillo e i suoi abitanti sono sonnolenti e schivi: siedono tra capre e galline sui gradini di qualche casetta di cemento sbeccato a guardare i passanti e vendono la loro scarsa mercanzia nei chioschi polverosi. <br />
<a name='more'></a>C'è un piccolo edificio d'epoca coloniale e un accenno di piazzetta all'ombra di un albero gigantesco e centenario. L'edificio però è abbandonato, come lo sono molte altre case che nessuno ha mai riparato e che non hanno più un tetto ma che spesso conservano la porta, un capolavoro di intaglio eseguito da abili mani arabe, sparite anch'esse per sempre.<br />
Niente di diverso da altri villaggi africani, dove il tempo è fermo alle ultime novità degli anni '60, l'elettricità è qualcosa di non strettamente necessario e l'acqua corrente un lusso inutile. Qui, però, c'è African Impact.<br />
<a href="http://www.africanimpact.com/">African Impact</a> è un'organizzazione sudafricana di turismo associato al volontariato, che ha sedi in tutti i posti più belli dell'Africa: in questo caso si tratta di un piccolo residence proprio sulla spiaggia di Jambiani, dove si coltivano le alghe legate a pali aguzzi piantati nell'acqua bassa, che sono lo scenario preferito dei fotografi e l'incubo dei surfisti.<br />
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Il rapporto difficile con le autorità del villaggio che non amano certo le intrusioni, soprattutto da parte di stranieri, sembra anch'esso gestito con grande perizia.<br />
Il piccolo miracolo quindi avviene e nelle ore più soffocanti le aule delle scuole col tetto di lamiera - banchi da chiesa rotti e lavagne con una spugna di mare a fare da cimosa - si riempiono di persone insospettabili: <i>beach boys </i>giovani e scanzonati, Maasai, anche di una certa età, madri di famiglia. Tutti a imparare l'inglese di <a href="http://www.africanimpact.com/">African Impact</a>, con un quaderno e una penna, spesso conservati meticolosamente.<br />
Non è facile insegnare l'inglese ad adulti la cui conquista è stata imparare a leggere piano una lingua che si pronuncia come si scrive e che adesso devono invece indovinare che "rice" si pronuncia "ràis". I volontari di African Impact tengono lezioni a temperature impossibili e con un pezzetto di gesso grande come un bottone che si bagna a contatto con le mani. Eppure quelle classi sono commoventi, per l'attenzione degli allievi, la genialità dei programmi, rigorosamente stilati, che prevedono un insegnamento dinamico e amichevole, basato su immagini di oggetti di tutti i giorni: riso, sapone, dentifricio, fuoco, acqua. Per i Maasai che camminano sulle spiagge vendendo collanine e che pur essendo Tanzani sono considerati stranieri, perché di una lingua e di un'etnia differente, c'è una difficoltà/opportunità in più: imparano parole di uso comune in inglese e contemporaneamente anche in Swahili. Ci sono anche le classi più avanzate, dove i ragazzi che già studiano l'inglese a scuola hanno l'opportunità di sentirlo parlare da un madrelingua e di fare persino corsi di scrittura creativa. Escono dall'aula sudati e carichi di sogni per il futuro: un lavoro migliore, l'università.<br />
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In un'isola turistica come Zanzibar la comprensione di una lingua straniera apre opportunità lavorative sconosciute fino a pochi anni fa. Per chi non è mai andato a scuola o ci è andato poco e non ha soldi per pagarsi dei corsi privati, la scuola di African Impact è l'unica possibilità: la voce si è sparsa e molti ragazzi si trasferiscono a Jambiani da ogni villaggio dell'isola, per approfittarne.<br />
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Anche i bambini dell'asilo possono studiare l'inglese grazie ad African Impact: non è un vezzo, perché l'inglese in Tanziania è la seconda lingua nazionale e iniziare la scuola avendo nelle orecchie un po' di quel suono ostico facilita lo studio.<br />
Il programma dell'asilo è stato studiato attentamente e spesso revisionato: canzoni, premi, giochi e un momento importantissimo, quello del "<i>washy washy scrub scrub</i>" nel quale tutti i bambini corrono fuori a lavarsi i denti con il loro spazzolino personale. Qualcuno dei più piccoli non ha ancora capito come funziona e mangia il dentifricio come fosse un dolcetto, ma con un po' di pazienza, la maggior parte di loro sta imparando una norma igienica importante.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1IOgxbqR21pkL0OO9uJtK99mVJtHls26a4AHrRGAaJfgeRhUPeFCEejtBX3HPQJROP9aa0S07IQ8gvyVgJPJET2c5vE4yo_t7N_Qxa53ZshIAJQdVx73xb9sBGWQr5UtxE0-d3s_UQ6I/s1600/CIMG8485.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img alt="bambini scuola" border="0" height="264" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1IOgxbqR21pkL0OO9uJtK99mVJtHls26a4AHrRGAaJfgeRhUPeFCEejtBX3HPQJROP9aa0S07IQ8gvyVgJPJET2c5vE4yo_t7N_Qxa53ZshIAJQdVx73xb9sBGWQr5UtxE0-d3s_UQ6I/s320/CIMG8485.JPG" title="zanzibar" width="320" /></a><br />
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Con l'arrivo del turismo le abitudini alimentari dei bambini hanno visto l'introduzione delle caramelle sovrapporsi a un'alimentazione molto semplice a base di riso. Ora un turista non può camminare in un villaggio senza essere assalito da una folla di bambini che pretendono caramelle e che sono elargite loro con leggerezza, causando squilibri alimentari e carie: se molti adulti hanno denti bianchi e robusti, è ora sempre più frequente vedere che i loro figli hanno denti estremamente compromessi.<br />
La cosa forse più interessante è che la "Nursery school" è a pagamento: per quanto poco, i genitori pagano affinché i loro bambini non stiano a vagare per le strade del villaggio, privi di ogni stimolo: questo aiuta a far capire loro il valore della scuola, spesso sottovalutato. Se i genitori non possono permettersi la retta, hanno l'opportunità di assistere come volontari gli insegnanti di African Impact: non sono pagati direttamente, ma una volta a settimana ospitano a casa loro i partecipanti al progetto, cucinando per tutti. I partecipanti al progetto pagano la loro cena e così si ottengono alcuni vantaggi sovrapposti: il genitore povero ha un introito che si è guadagnato lavorando, può quindi investirlo per il futuro di suo figlio; ha inoltre la possibilità di partecipare a un progetto educativo ben strutturato e capire come funziona; i volontari di African Impact hanno il privilegio di mangiare cibo locale in una casa di locali. Non ultimo, tutti mangiano un pasto regolare e ben bilanciato e hanno l'opportunità di fare amicizia e di imparare una lingua e usanze altrui. Sembra che il sistema funzioni molto bene.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigy7w24zYQbdakqmPYwaIjk7_xvv_VFgKCFZh2RM0c4heLtMpDChz921y-d-b8IUUu09ntQYagWsr5e1z1Y7E2raw6402kdVfSIwUWNf4iGWYI9DRgLmSCBCfVe4ZyvmDVVcK7OHFuWBA/s1600/CIMG8496.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="bambine musulmane scuola zanzibar" border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigy7w24zYQbdakqmPYwaIjk7_xvv_VFgKCFZh2RM0c4heLtMpDChz921y-d-b8IUUu09ntQYagWsr5e1z1Y7E2raw6402kdVfSIwUWNf4iGWYI9DRgLmSCBCfVe4ZyvmDVVcK7OHFuWBA/s400/CIMG8496.JPG" title="zanzibar" width="400" /></a></div>
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Questa idea di collaborazione con vantaggio reciproco, il premiare coloro che spontaneamente si offrono, dimostrandosi volenterosi e affidabili, senza forzare, catechizzare o regalare a tutti i costi, sembra avere molti vantaggi e diventa un piccolo volano per idee e iniziative, anche locali: sulla spiaggia, all'alba, le donne che lavorano duramente a raccogliere alghe, si preparano alla giornata facendo ginnastica. A istruirle un uomo del villaggio, che insensibile ai veli e alle gonne lunghe, le mette a fare flessioni sulle braccia con il piglio del <i>marine</i>. Inutile dire che loro ci riescono benissimo.<br />
Altre donne hanno iniziato piccole attività imprenditoriali, mentre alcuni ragazzi lavorano come autisti e come interpreti o insegnanti di Swhaili per i volontari di African Impact.<br />
I ragazzi delle medie sono chiamati a un gioco importante che consiste nel raccogliere tutta la spazzatura non edibile per le strade del villaggio, spezzettarla e infilarla in bottiglie di plastica fino a trasformarle in eco-mattoni, con i quali si possono costruire sedili, muri, persino case. Un premio va allo studente che porta un'idea originale per il riciclo di una bottiglietta di plastica. Gli adulti di Kiminkazi osservano tutto questo viavai con un certo atteggiamento di noia e sufficienza, ma ogni tanto un bambino si presenta con una bottiglietta di plastica ben intagliata, con una piccola vela montata su stuzzicadenti e la barchetta naviga che è un piacere, grazie al contributo segreto di qualche padre pescatore che, forse per la prima volta in vita sua, ha accettato di giocare.<br />
Piccole cose, che lasciano ai turisti/volontari di <a href="http://www.africanimpact.com/">African Impact</a>, molto di più di quello che hanno dato: la loro "vacanza" dura almeno 15 giorni, costa come quella in un buon villaggio turistico ma lì di sicuro non ci si annoia, e chi intendeva "immergersi" nell'atmosfera locale torna a casa potendo finalmente dire di avere fatto un viaggio vero.<br />
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La pagina facebook di Africa Impact a Jambiani, ricca di foto e di notizie, è qui: <a href="https://www.facebook.com/AIZanzibar/?pnref=story">https://www.facebook.com/AIZanzibar/?pnref=story</a><br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-33496319252698921202016-04-05T04:51:00.003-07:002018-05-14T04:00:16.332-07:00Fammi un po' il 3 con le dita!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_NuRn7Y0cb74ceeJs4-nMGn1_cL4BIaPFosWksBvvdtZkPx0-iig_RnwpyWKS2tptbcP73mZrMKaPhgLG_FiU2C2KXfsd-XQEoZLgs9lGaAO7OzSxORnHkHBkFRyWxYHACc7OTFzuwWs/s1600/Schermata+2016-04-05+alle+00.18.27.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="dita-che-contano" border="0" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_NuRn7Y0cb74ceeJs4-nMGn1_cL4BIaPFosWksBvvdtZkPx0-iig_RnwpyWKS2tptbcP73mZrMKaPhgLG_FiU2C2KXfsd-XQEoZLgs9lGaAO7OzSxORnHkHBkFRyWxYHACc7OTFzuwWs/s640/Schermata+2016-04-05+alle+00.18.27.png" title="mani" width="640" /></a></div>
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<h3>
</h3>
<h4>
<i> Paesi diversi, diversi modi di contare con le mani: chi mostra il dorso, chi il palmo, chi aggiunge dita e chi le toglie. Gli italiani i più estrosi, ovviamente.</i></h4>
<a name='more'></a><br />
I gesti saranno meno complicati da capire delle parole di una lingua sconosciuta, ma non sono internazionali: persino tra sordomuti di Paesi diversi è necessario un interprete che traduca alcuni segni.<br />
Passare un po' di tempo in un chiosco sulla spiaggia, il cui proprietario africano non parla una parola d'inglese ed è anche sordo, può diventare istruttivo: ci si rassegna all'idea di non potere ordinare ciò che si vuole e l'unica soluzione è quella di indicare insistentemente la consumazione di un altro cliente, lasciando che sia il fato a decidere la prossima esperienza degustativa. Anche ordinare della Coca Cola, il cui nome è più o meno pronunciato allo stesso modo in tutto il mondo, può diventare farraginoso se si è in più di uno, soprattutto nel caso in cui, oltre a non capire ciò che dite, chi vi guarda non capisca neppure i numeri espressi con gesti per lui insoliti.<br />
Ecco una collezione, limitata, di possibili segni per indicare una quantità. Le foto sono state scattate al volo, chiedendo ai modelli di mostrare i numeri in ordine sparso, perché se si chiede a una persona di contare con le dita da uno cinque, spesso questa esegue una sequenza che poi non sempre corrisponde al singolo segno che userebbe in un contesto diverso: per esempio, se a un italiano si chiede di mostrare come conta con le dita, egli tendenzialmente eseguirà mostrando il dorso della mano allo spettatore e facendo il 2 con il pollice e l'indice, mentre se ordina 2 bibite, preferirà mostrare il palmo con indice e medio tesi.<br />
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Avvertenza: gli spunti interpretativi socio-fanta-psicologici qui di seguito forniti hanno poco di accademico e molto di collegato alla consumazione del giorno.<br />
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<b>UNO</b><br />
Gli africani mostrano il dorso della mano e non il palmo. Gli italiani si distinguono offrendo una prospettiva complessa e dinamica delle nocche, compiendo un gesto che all'estero può essere interpretato come segnale amichevole o minaccioso, dipende dal Paese; quasi nessuno capisce che si tratta del numero 1. Gli abitanti di alcune regioni della Russia hanno un modo diverso di mettere in evidenza il dito che rappresenta il numero: se per tutti gli altri esso emerge da un pugno chiuso, in questo caso invece è il palmo aperto, con le dita tese, a rappresentare "il vuoto" iniziale; i fraintendimenti sulla quantità indicata sono piuttosto frequenti.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjNMmU2DYn5YuUmyFYpTb-n-t5prw2txzoH4OPB-I6zn2gvNDVJykWNs2MsnBt7xhDewxbJLRli4QC6-kqwfcPKz-ZQvtLoVP85WmZfeSl4ftZ33ElKcGHaCqP86hc0mE3v4xMDhW5znM/s1600/1+def.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="dita-che-contano-numero-uno" border="0" height="158" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjNMmU2DYn5YuUmyFYpTb-n-t5prw2txzoH4OPB-I6zn2gvNDVJykWNs2MsnBt7xhDewxbJLRli4QC6-kqwfcPKz-ZQvtLoVP85WmZfeSl4ftZ33ElKcGHaCqP86hc0mE3v4xMDhW5znM/s640/1+def.png" title="mani" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Tanzania Iran Italia Russia Stati Uniti</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>DUE</b><br />
Il 2 russo è identico al 3 italiano.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3KpJucU6wxIpCaBlnHqWjjxQQP66KVzG2PGXauEI6GDsQjvx4AzJKhOeHhkkTHV98ogRWMFqXzyUAt5iPFJFoG4Il2dCOjR-CC71jO_NfgHMIL7Xi2qKKNIjuCapxJuHCeywyUcrf72U/s1600/2def.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3KpJucU6wxIpCaBlnHqWjjxQQP66KVzG2PGXauEI6GDsQjvx4AzJKhOeHhkkTHV98ogRWMFqXzyUAt5iPFJFoG4Il2dCOjR-CC71jO_NfgHMIL7Xi2qKKNIjuCapxJuHCeywyUcrf72U/s640/2def.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Tanzania Iran Italia Russia Stati Uniti</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>TRE</b><br />
La difficile interpretazione del 3 russo si allarga, affliggendo anche altre culture. Questo è il numero con maggiori varianti gestuali. La posizione delle dita nel 3 italiano è quasi sicuramente di antica origine greco-romana.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSf0XrqKPz-jYrufmK-7L1LdUoO7iR3szO-tlmDqlMmkAjvJnjz99M9BJhZWgHEfQ0ySn5UiQqDtqHy0G3c13ui5g64xcyfsgmCio0HD58EvBAZIWepRd35joR-n3b1PbO-e3viug8vIU/s1600/3+def.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="174" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSf0XrqKPz-jYrufmK-7L1LdUoO7iR3szO-tlmDqlMmkAjvJnjz99M9BJhZWgHEfQ0ySn5UiQqDtqHy0G3c13ui5g64xcyfsgmCio0HD58EvBAZIWepRd35joR-n3b1PbO-e3viug8vIU/s640/3+def.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Tanzania Iran Italia Russia Stati Uniti</td></tr>
</tbody></table>
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<br />
<b>QUATTRO</b><br />
Sul 4, quasi tutti d'accordo. Quasi.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioGgNwMMvUQ0VifRCV44UVExyB9YGeFGHQWTX4DdcfaDfEUE8sf0cv1O9lB5GmbTaXuTLtZmoRkR2tETmknTsNVNUBNiD2CH01WkBRZl-yVOpRK06dsFEq6C64lbZRxfONjBoJt_TpaCY/s1600/4+def.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="162" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioGgNwMMvUQ0VifRCV44UVExyB9YGeFGHQWTX4DdcfaDfEUE8sf0cv1O9lB5GmbTaXuTLtZmoRkR2tETmknTsNVNUBNiD2CH01WkBRZl-yVOpRK06dsFEq6C64lbZRxfONjBoJt_TpaCY/s640/4+def.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Tanzania Iran Italia Russia Stati Uniti</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>CINQUE</b><br />
Al cinque, Africa e Russia s'incontrano, almeno concettualmente. Interessante l'atteggiamento che sta alla base di due modi opposti di mostrare la stessa quantità: il pugno chiuso la "possiede e la stringe", il palmo aperto la "consegna e la proietta". La posizione del pugno africano è anche quella da cui parte l'1 italiano e un certo modo specifico di contare il tempo, anche usato negli Stati Uniti. C'è chi dice che l'origine del pugno indicante il numero 5 arrivi dall'antica Roma. Una mano, le cui dita potevano indicare diversi valori numerici, era impressa su alcune monete che circolarono durante l'Impero.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtG2QuxuDyUI2h_VDLVFJyKHEMu2BZmyMX_vd_iAISoVboG9RdujmpZCZ0JQBMo6CLkzAiLen69P_g574mGVWiGTyQi99bq4eeG43dT6zNICdVoHn8LTkVTE9F8AxNUYV7AniL4PF3D18/s1600/5+def.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="166" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtG2QuxuDyUI2h_VDLVFJyKHEMu2BZmyMX_vd_iAISoVboG9RdujmpZCZ0JQBMo6CLkzAiLen69P_g574mGVWiGTyQi99bq4eeG43dT6zNICdVoHn8LTkVTE9F8AxNUYV7AniL4PF3D18/s640/5+def.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;">Tanzania Iran Italia Russia Stati Uniti<br />
<br /></td></tr>
</tbody></table>
Nei chioschi di bibite sul mare, la conta con le dita che va oltre il 5 è riservata alle comitive: per quanto interessantissima, sarà risparmiata al lettore, fatta eccezione per quella della Tanzania.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEillVK74YqRRlF7qiLel1NiLNQc35vXyScG8utvVLIC81w_jDjd6xfVpNP60nTfRcBB4y2U-Cv5cQxzJ7l8yD_t08hYdh5xgHoCUdAtYomiiILDKFozYa0PG9fkbIDz9fjQwhQuV7a75ZA/s1600/6789.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="106" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEillVK74YqRRlF7qiLel1NiLNQc35vXyScG8utvVLIC81w_jDjd6xfVpNP60nTfRcBB4y2U-Cv5cQxzJ7l8yD_t08hYdh5xgHoCUdAtYomiiILDKFozYa0PG9fkbIDz9fjQwhQuV7a75ZA/s640/6789.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: left;"> 6 7 8 9 10<br />
<br /></td></tr>
</tbody></table>
Molti italiani, oltre a ruotare improvvisamente il polso per fare 1, quando contano in sequenza insistono a muovere il pollice alternativamente una volta verso il palmo e una volta verso l'esterno. Lo spettacolo è affascinante e ha un suo ritmo danzante, ma il pollice che va e che viene svia l'attenzione e confonde lo spettatore non abituato.<br />
<div style="text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDwzdTMMJsQV9rF2eIMgqJO5cX2UHvZ6KLN191bI3htDip8ZOPCjez3kAFnznvoI3cuhEFIK-zuxIxmkAZ5teZasq2HsxtGOdpWhqbyet_WNVdG-PNokBMcQSsfhQsTGDFdphi9PCBkzE/s1600/italia.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em;"><img border="0" height="164" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDwzdTMMJsQV9rF2eIMgqJO5cX2UHvZ6KLN191bI3htDip8ZOPCjez3kAFnznvoI3cuhEFIK-zuxIxmkAZ5teZasq2HsxtGOdpWhqbyet_WNVdG-PNokBMcQSsfhQsTGDFdphi9PCBkzE/s640/italia.png" width="640" /></a></div>
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Approfondimenti sulla matematica con le dita, da perderci la testa: <a href="http://crema.di.unimi.it/~citrini/Tesi/r9/app6.html">http://crema.di.unimi.it/~citrini/Tesi/r9/app6.html</a><br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjm4zclUUI9SRamMy6dvLVrHH9A6ICYyJEYnSRvhY6GFtr3x6kGybY843FyvF5O_7FGCa0SBypWUSLgnF4Xpx0_i_bvgHJb9SGYkgqnfqaOYLxy5QaPH-r534sMlAwjgiFWljk1UhWzWbI/s1600/12421793_10208665612425398_96504078_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="spiaggia persona che cammina" border="0" height="425" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjm4zclUUI9SRamMy6dvLVrHH9A6ICYyJEYnSRvhY6GFtr3x6kGybY843FyvF5O_7FGCa0SBypWUSLgnF4Xpx0_i_bvgHJb9SGYkgqnfqaOYLxy5QaPH-r534sMlAwjgiFWljk1UhWzWbI/s640/12421793_10208665612425398_96504078_n.jpg" title="zanzibar Loredana de Michelis" width="640" /></a></div>
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- Dullah! Con il vento umido sono arrivate anche le formiche: grosse, eh? Saranno lunghe un centimetro. Secondo te, sono pericolose? -<br />
Dullah ha 35 anni circa, o almeno così pensa, in base a calcoli piuttosto vaghi: sua madre e suo padre non hanno mai saputo contare. Forse sapevano in quale stagione Dullah fosse stato partorito sul pavimento di casa, ma quando era giunto il tempo per lui delle domande, suo padre era già morto e sua madre non ricordava più nulla.</h4>
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Piccolo, magro, con gli incisivi sporgenti e gli occhi gialli, Dullah è arrivato a Zanzibar da Pemba, 10 anni fa. Ha modi pacati, persino tristi. Ti ferma in spiaggia offrendo dei tour che poi avrebbe difficoltà a organizzare, conosce poco dell’isola e preferisce raccontarti della sua vita dura. Ti dice che non mangia perché deve mettere da parte i soldi per comprare una casa e di conseguenza riuscire a sposarsi, perché senza soldi nessuna donna ti sposa, e senza sposa e senza figli che vivi a fare. <br />
Qualche volta però Dullah dice anche la verità, forse perché in un continente dove l'età media è sotto i trent'anni, lui comincia a sentirsi vecchio, ma soprattutto stanco. Così, se gli chiedi se vende droga, dice “ogni tanto” e ammette di essere stato un ragazzo che voleva sempre fare a botte, ma non ne sa il motivo. L’avevano persino bocciato a scuola e questo gli brucia perché sa di essere più intelligente di altri. Vorrebbe imparare a manovrare una barca a vela e nel suo zainetto custodisce una penna e un quaderno ordinatissimo a righe larghe: prende appunti su frasi in lingua straniera, ma solo quelle che possono servire per un eventuale business, tipo aprire un ristorante. Ultimamente non ci vede più da vicino, non riesce a leggere bene, e questo per lui è fonte di ulteriore scoramento.<br />
- Di che colore, la formica? Se nera, no problem. Se rossa, problem. Se ha le ali, molto problem: se ti punge, piangi. - <br />
Ha detto così anche a proposito di una piccola medusa azzurra che abbiamo trovato sulla spiaggia: “Questa è morta e non fa niente, ma di solito ha dei filamenti blu che in acqua non si vedono: se ti tocca, piangi per il dolore” e ha fatto il segno delle lacrime che scorrono lungo le guance.<br />
Nel suo paradiso di musulmano poco praticante tutti hanno una media di 25 anni, non invecchiano e non si ammalano mai; c’è cibo in abbondanza e ti puoi sposare, puoi fare tutto quello che vuoi e vivrai lì per sempre, con tutte le cose che ti servono e senza sofferenza. Niente più di quello che potresti avere in una vita fortunata, a parte vecchiaia e malattie.<br />
Dullah ci aspetta al di là della fila di pali che in spiaggia separa la parte privata dal tratto pubblico. Non prova neppure a superare la barriera, anche se potrebbe facilmente passare tra un palo e l’altro: dalla parte proibita ci sono i guardiani Masai con le braccia ingessate di perline che camminano gobbi come avvoltoi e hanno una testa che pare capace di ruotare a 360 gradi. C'è anche un cane, che indossa delle collanine colorate e che riesce a distinguere perfettamente tra guardie, personale, turisti e tutti gli altri. Quando mi vede scodinzola e si mette a pancia all'aria, coprendosi gli occhi con le zampette che hanno unghie e potenza da Velociraptor: è capace di rincorrere un motorino per chilometri, se questo osa attraversare il “suo” territorio senza permesso, e può persino tirare giù il guidatore e mangiarselo vivo. Anche per questo motivo, Dullah, come tutti gli altri, ha molta paura dei cani: son posseduti da spiriti maligni, dicono; possono cambiare da un momento all'altro e aggredirti. Niente cane miglior amico dell’uomo, qui: sono animali infidi e soprattutto hanno denti troppo grossi. <br />
Dullah stasera ci vuole portare a un party frequentato da locali, in un posto proprio locale, non per turisti, dove si mangia spendendo poco, anche se il menù è ridotto al solo <i>Mishkaki</i>: banane fritte con salsa, e spiedini di pollo. Si è presentato ben vestito e senza zainetto da <i>beach boy</i>, e nell'accompagnarci questa volta non si sforza di adattare la sua andatura a quella dei turisti grassi: si muove veloce come una pantera nel buio, per i sentieri appena accennati che escono dal villaggio. Quando io inciampo in qualche buca, lui dice: “Sorry, pole pole” e io vorrei rispondergli: "Pole pole un corno, stai viaggiando a velocità bicicletta sulla sabbia molle con le ciabatte infradito: come ci riesci?” ma intanto arriva silenziosamente alle mie spalle un ragazzo che spinge un motorino spento, e lo vedo soltanto perché ha una sigaretta accesa.<br />
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All'improvviso mi accorgo che in ogni cespuglio scuro ci sono persone scure, che ci fissano in silenzio: le intravedo grazie alla luce della luna e soltanto se si muovono, ma quando noi passiamo loro si immobilizzano, e questo non mi piace. Dullah procede a testa bassa senza guardarsi intorno e non riesco a capire se siamo in un posto pericoloso oppure no. </div>
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Mi coglie il solito raptus del supereroe e vorrei dire a tutti di lasciare perdere il club locale e di proseguire in questo gioco della boscaglia misteriosa. Vorrei togliermi le scarpe e allenarmi a diventare un'ombra muta, che scivola tra i cespugli come un cobra, senza neppure respirare.<br />
La musica, che da lontano e forse anche da memorie televisive demenziali, sembrava di tamburi, si trasforma da vicino in semplice disco-dance dal ritmo pedante: molte canzoni, tutte in Swahili, ripetono spesso la parola "Tanzanìa".<br />
Insomma, è una balera all'aperto, appena più smunta di una Festa dell’Unità organizzata in un paese di periferia: c’è una piccola spianata di cemento con dei pali di legno che sorreggono una tettoia di lamiera, c'è un disk-jokey con il berretto da baseball e un portatile appoggiato su un tavolaccio. Un faro intermittente, forse epilettico a causa degli sbalzi di corrente, illumina una grande vasca di sabbia che sembra essere la pista da ballo. Intorno, erba secca e spazzatura.<br />
Un’interessante caratteristica di Zanzibar è che ovunque tu vada, anche quando corri saltellando e tenendoti il cavallo dei pantaloni verso una toilette, tutti ti osservano con pacata indifferenza, in attesa che tu esprima le tue esigenze, a voce o a gesti: sembra che manchi un po’ l’empatia. Anche lì, al cancello arrugginito del club all'aperto, pare necessario specificare bene cosa vogliamo, prima di essere ammessi nel prato brullo dove aspettiamo compìti che ci portino il tavolo e le sedie di plastica, una delle quali rotta.<br />
Arriva una cameriera per l'ordinazione delle birre, che sono tenute in un gabbiotto di cemento chiuso da ogni lato con delle grate di ferro, e che devono essere pagate prima. Nel gabbiotto c’è anche, nascosto da qualche parte, il vino di papaya: un’acquavite più forte della birra e con una certa dose di tossicità, che è responsabile dei brutti casi di alcolismo che rovinano le famiglie dell’isola, dice Dullah, assieme alla droga, aggiungerei io, che circola sempre di più, anche e soprattutto grazie ai turisti.<br />
Pagate le birre, ordino il mio piatto di banane fritte con spiedino, mentre aspetto che qualcuno si lanci a ballare sotto l’unica luce che c’è. Ho già visto una discoteca normale all'aperto, a nord dell’isola, ma lì i ragazzi sono tutti tirati a lucido per fare bella figura, e si fiondano come avvoltoi sulle vecchie turiste sole. Avevo anche provato a ballare con uno che mi sembrava un minimo preso dalla musica, ma mi ha mollata di botto per andare a corteggiare una signora tedesca con la gobba. </div>
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Qui invece sono davvero tutti locali in relax, e l’unico capo d’abbigliamento a cui sembrano tenere è il cappello: molti hanno un berrettino fatto all'uncinetto, altri il berretto da baseball, e qualcuno indossa il tradizionale copricapo cilindrico con i ricami. Le ragazze sono pochissime. <br />
La musica è assordante e proviene da due casse alte come un uomo, piazzate sulla sabbia. <br />
Quando arriva il mio piatto scopro che lo spiedino di pollo carbonizzato, che ho visto tante volte nelle vetrinette sporche della strada, è freddo: sta lì, sotto il sole e nell'umidità dei tropici, dal pomeriggio. Calcolo mentalmente quante pastiglie di disinfettante intestinale mi sono rimaste. Il pollo utilizzato per la pietanza deve essere un mutante: ci sono più ossa in quel piccolo spiedino che in un tacchino intero, anzi mi chiedo se non sia proprio l’osso di pollo la specialità, perché di carne non ce n’è. Mi rimane il dubbio anatomico su dove si trovino, in un pollo, ossa di forma cubica: dovrò studiare sul web. <br />
Le poche fette di banana, invece, provengono dalla cosiddetta "zanna d'elefante": una banana verde, lunga circa un metro e dal sapore di patata, le cui rondelle non sono state fritte, ma probabilmente passate in una padellaccia, una rondella sì e una no. La famosa salsa si rivela essere ketchup diluito.<br />
Se non fosse per la musica troppo alta, ribadirei un concetto già espresso più volte da quando sono qui: Anthony Bourdain, nel suo video sulle specialità gastronomiche zanzibarine di strada, ha preso tutti in giro. Se le sarà cucinate lui da solo, le specialità: qui ogni cosa è preparata in modo talmente sciatto e deprimente che morire di fame diventa un’idea più accettabile. Di certo, anche disponendo di una grande quantità di questo cibo, si tende a mangiarne soltanto il minimo indispensabile.<br />
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Finalmente inizia un po’ di movimento: sono le cameriere che si picchiano. Alcuni ragazzi cercano di dividerle, ma loro si rincorrono per tutto lo spiazzo. La più massiccia picchia anche chiunque cerchi di fermarla, e vedendola in avvicinamento io scosto educatamente la mia sedia crepata dal tavolino e afferro la mia bottiglia di birra asciugandola per bene, che non mi sfugga di mano, giusto in caso. Sono l’unica però che sembra preoccuparsi del ciclone di botte in arrivo: mai capito perché, in tutto il mondo, se due donne fanno una rissa, i maschi osservano divertiti con sorridente tenerezza, come se una bottigliata in testa tirata da una persona alta un metro e settanta e di almeno 60 chili fosse un semplice sberleffo.<br />
- Dullah, ma perché si menano?-<br />
- Per i ragazzi. Gelosia. A volte le donne lo fanno.-<br />
- Ma qui è pieno di uomini, ne hanno cinquanta a testa: perché quella più grossa è così arrabbiata? -<br />
- Perché è la più brutta. Non ti preoccupare, dormono insieme lì dentro (<i>capanno di due metri quadri senza finestre</i>) e domani saranno amiche di nuovo, hakuna matata. -<br />
Dullah è seduto a gambe accavallate, sembra annoiarsi. Ogni tanto passa qualcuno che lo conosce e ci saluta cortesemente. La serata è calda e il vento che arriva dal mare è carico di umidità, ma è comunque più fresco rispetto al giorno: per questo motivo molti festeggiano fino all'alba ogni notte, felici di poter respirare un po’ meglio, finendo per dormire pochissimo. Il giorno preferito per fare festa è il lunedì. Sabato? Perché? Inutile spiegare cosa sia un weekend e quanto si lavori in certi posti del mondo, durante la settimana.<br />
Finalmente qualcuno si butta in pista a ballare: è uno con i jeans sporchi e la maglietta malconcia. La visiera del berretto è girata a coprire la nuca e lui molleggia sulle ginocchia in modo buffo, che mi fa pensare a quanto i suoi menischi siano ben oliati. La camminata è decisamente difficile da imitare, il busto sembra volere andare da una parte, ma le gambe lo trascinano altrove e si capisce che c’è una guerra di potere, lì nel sistema nervoso del soggetto: si muove quindi diagonalmente, in lotta con se stesso.<br />
- Dullah, quello che balla: è ubriaco, vero? -<br />
- Sì, sempre ubriaco. Vino di papaya.- <br />
Il ballerino si trascina molleggiando senza meta lungo traiettorie imprevedibili. Le ginocchia sembrano avere un ritmo indipendente tra di loro e nel complesso il movimento è ipnotizzante, almeno per me. Intanto passo il pollo ai gatti magri che pattugliano silenziosi il prato buio e valutano con attenzione ogni cartaccia.<br />
- Dullah, per andare a vedere la foresta, domani: a che ora ci sarà il bus?-<br />
- Alle due. -<br />
Loro contano le ore a partire dall'alba: l’ora 1 è la prima ora di luce del mattino. Solo che è difficile capire esattamente quando inizia l’alba: vero che siamo quasi all'equatore, ma non è così fissa, e a volte è nuvolo.<br />
- Dullah, l’alba è alle sei ora occidentale? -<br />
-Sì. -<br />
- Oppure è alle sette? - <br />
- Sì. -<br />
- Quindi le due sono le…? -<br />
Non lo sa.<br />
In realtà non ha idea di quanti autobus ci siano e a che ora, ma non lo ammetterà mai. Ha anche un orologio, se è per questo, ma è decorativo e non segna nessuna ora che possa corrispondere a qualche meridiano africano. Va tenuto anche conto del fatto che il venerdì è un giorno particolare per i musulmani e le cose funzionano diversamente dagli altri giorni. Questo succede anche il sabato e anche la domenica. Il lunedì tutto va a rilento, quindi l’unica soluzione è svegliarsi presto, recarsi alla fermata e aspettare, minuti oppure ore. A quella fermata spesso ci sono persone che sembrano aspettare il bus, ma in realtà hanno una bicicletta: sostano lì per riposare all'ombra e, come gli altri, osservano la vita che scorre, semplicemente.<br />
- Va bene: noi ci alziamo presto e andiamo alla fermata. Speriamo che l’autista non faccia il pazzo come l’altra volta, che ho fatto due ore di viaggio con le budella attorcigliate. Perché corrono così? Consumano un sacco di carburante in più invece di risparmiare, rischiano di rompere il mezzo, e in fin dei conti nessun passeggero ha fretta: dov'è la convenienza?-<br />
- Passano davanti agli altri bus e raccolgono più clienti -<br />
- Ma la polizia non li ferma? -<br />
- Si, vuole soldi. -<br />
Dullah stira le labbra mostrando i suoi incisivi sporgenti: può esibire uno sguardo molto dolce, ma questa volta sembra piuttosto un topo crudele dei cartoni animati.<br />
- Lo vedi quello che balla? -<br />
- L’ubriaco con la battaglia motoria in atto? Certo che lo vedo, è l’unico. -<br />
- Lui è uno degli autisti dei bus. -<br />
- Capisco. Un amico tassista affidabile ce l'hai, che non faccia il solito prezzo assurdo? -<br />
- Sì, mio zio. Ma ha appena fatto un incidente -<br />
- Ma come si fa a fare incidenti su strade dritte, vuote e senza incroci? -<br />
- Non hanno funzionato i freni e ha investito le capre che erano sulla strada: tutta la macchina rotta. Adesso non ci sono i soldi per pagare le capre e la macchina. -<br />
Dullah si alza piano e va a parlare con qualcuno, perso nel buio del prato. Torna lemme lemme, con gli occhioni grandi:<br />
- Se vuoi c'è il mio amico che domani va a Stone Town e può darvi un passaggio: è un camioncino e dovete stare seduti nel cassone. Devi pagare però, i bianchi pagano. Vengo anch'io, se vuoi. -<br />
- Ah, è quella faccenda per cui l'autista del camioncino fa pagare il bianco e al tempo stesso offre un passaggio gratis a tutti i locali che trova per strada? -<br />
- Sì. -<br />
Sorride come un cucciolo, ma di faina.<br />
- Mi piace, basta che costi poco. -<br />
- Ok. Domani alla fermata, alle due. Mettiti il cappello, che nel cassone non c'è l'ombra.- Dullah sarà un po' deprimente, ma è dolce e premuroso e mi commuove all'istante.<br />
- Grazie, Dullah. Solo una cosa: non è che il tuo amico adesso è ubriaco pure lui? -<br />
- No, lui non beve, è osservante. Ha due figli. <br />
- Ottimo. Quindi domani passaggio in Pick Up: cosa trasporta di bello il tuo amico? - Sogno un viaggio lungo le strade luminose di Zanzibar, con l'aria che mi scompiglia i capelli e le palme che ondeggiano, seduta tra caschi di banane.<br />
- Penso taniche di benzina. -<br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-56017009017880678612016-03-03T04:48:00.000-08:002017-04-04T11:51:25.837-07:00Nuotare con i delfini: il sogno e la dura realtà a confronto<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<h4 style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D84hJLPnXryUApaaUkUDyq3i6sIT5sUqAyLAqG7iVsQydUoZ8P1b3O3YsLCV0CxG0aBFP73zQou9B6_hhl3Kk5JKlcdSvdvMOcQ0cAeYhspbMWR2HtS7BcnCO-9Gaf8U1nrFm-u19HA/s1600/dolf.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="sirena in acqua con delfini" border="0" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-D84hJLPnXryUApaaUkUDyq3i6sIT5sUqAyLAqG7iVsQydUoZ8P1b3O3YsLCV0CxG0aBFP73zQou9B6_hhl3Kk5JKlcdSvdvMOcQ0cAeYhspbMWR2HtS7BcnCO-9Gaf8U1nrFm-u19HA/s1600/dolf.jpg" title="nuotare con i delfini" width="640" /></a></h4>
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Tutto è iniziato come solito, con una pubblicità: l'unico generatore di fantasia del turista moderno.<br />
Per innescare il sogno sono stati necessari: una modella di vent'anni con i capelli lunghi infilata in una muta di silicone intagliato che le trasforma le gambe nella coda di una sirena, tre cineoperatori professionisti, un acquario con quattro delfini depressi e una colonna sonora azzeccata.</h4>
<div style="font-weight: normal;">
<a name='more'></a>La luce di mezzogiorno filtra dorata attraverso le acqua calme e azzurre della vasca, il cui fondo impedisce ai delfini di inabissarsi. La modella, imbustata nel guantone creato da un surfista californiano, si garantisce una vecchiaia di acciacchi dando gran colpi di lombari per nuotare a piedi uniti senza affondare a causa del peso del costume; il montaggio del video unisce i suoi pochi secondi di immersione in apnea, facendoli apparire come una sequenza continua durante la quale lo spettatore evidentemente crede che lei abbia anche le branchie. La musica dei violini oceanici ci mette la vibrazione poetica. </div>
<div style="font-weight: normal;">
Altre riprese mostrano la stessa modella-sirena nelle acqua basse e turchesi dei Caraibi che si struscia contro tartarughe giganti e quest'ultimo tocco di autenticità fa subito dimenticare allo spettatore col suo pesce rosso nella boccia, che tartarughe e delfini nuoteranno anche nello stesso mare, ma hanno abitudini e velocità di reazione un po' diverse. </div>
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La dura realtà è delicatamente monitorata da <a href="http://www.africanimpact.com/">AfricanImpact</a> nelle acque tropicali di Zanzibar, a Kizimkazi: lì, un branco di delfini insiste a soggiornare da una decina d’anni, forse per testardaggine territoriale, nonostante sia disturbato dall'alba al tramonto, 8 mesi l’anno, da decine di piccole barche a motore rumorosissime che si precipitano a inseguire ogni pinna avvistata. </div>
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I turisti a bordo non assomigliano per niente alla modella: è ora che qualcuno glielo faccia notare. Con i capelli radi e incollaticci, bande di grasso gelatinoso ricoperto di crema unta e inquinante, sbatacchiano il loro osso sacro sul sedile di legno e non fluttuano liberi neppure nel vento, perché sono disperatamente impegnati a tenere fermo il cappellino, a non perdere la maschera con il boccaglio e la macchinetta fotografica subacquea con bastone stroboscopico. Se un delfino salta fuori dall'acqua stagliandosi lucente contro il cielo africano, loro stanno sempre guardando da un’altra parte, avvitando qualche congegno, controllando che non entri acqua nella borsa. </div>
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Il pescatore locale spinge la barca a tutto gas in mezzo al branco e fa gesto ai turisti di precipitarsi in acqua subito. Non c’è la scaletta però: bisogna saltare. Così, tutti a calarsi maldestramente con la maschera storta, in un tripudio di ginocchiate contro spigoli durissimi e slogature di spalle, mentre il gruppo di pinne grandi, medie, e piccole al centro, s'immerge subito e in due secondi è a 30 metri di profondità. Lo si perde di vista perché la luce radente del mattino rende l’acqua una lastra riflettente e buia sotto.<br />
Le pinne riemergono 100 metri più in là: altre ginocchiate per risalire a bordo in fretta chiamati a gran voce dal pescatore, che parte in quarta facendo volare via i berretti. E tutto si ripete. Dopo mezz'ora di tentativi, qualche cozzata tra natanti e pericolosi sfioramenti di orecchie contro le eliche dei motori, è ora di rientrare e di lasciare spazio alle altre barche che arrivano a ruota. I delfini, imperturbabili, proseguono nella loro passeggiata. Qualcuno sostiene che a volte si avvicinino spontaneamente alle imbarcazioni nuotando in cerchio e c’è chi giura di avere visto spuntare un bastone da selfie dagli abissi e di essere stato immortalato con un flash. Forse i delfini hanno un loro Instagram. Di sicuro se ne fregano delle cattive recensioni che molti turisti delusi finiscono per rifilare al tour, quando farebbero meglio a scriverle a se stessi.<br />
L’equipaggio di <a href="http://www.africanimpact.com/">AfricanImpact</a> intanto prende nota del numero di barche che si alternano in un’ora, di quanti turisti hanno a bordo (spesso soltanto due), quanti delfini sono stati avvistati, per quanto tempo e come si sono comportati. Contano i cuccioli e gli adulti in base alla dimensione della pinna. Comunicano i dati alle autorità portuali e tentano un diplomatico rapporto costruttivo con la comunità di pescatori locali, affinché diventino più consapevoli della loro convenienza a rispettare questa preziosa fonte di guadagno. Prima che il capo-villaggio dei delfini decida di spostare la comunità altrove, magari presso una delle decine di isole deserte che circondano Zanzibar, e addio business.</div>
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Ma tutto si decide con lentezza, sotto il sole infuocato delle baie, dove i pescatori riempiono le barche fino all’orlo di minuscoli pesci argentati che saranno poi essiccati su grandi teli nei cortili del villaggio, e trascinano pesci giganteschi catturati sulla barriera corallina, li squamano e li sfilettano sulla sabbia, consegnandotene un pezzo avvolto nella vecchia carta di un gelato confezionato che svolazzava lì intorno.<br />
I ragazzi di <a href="http://www.africanimpact.com/">AfricanImpact</a> misurano i pesci pescati, ne chiedono il prezzo, palpano l’addome dei piccoli squali di barriera per capire se erano femmine gravide e nel caso chiedono gentilmente ai pescatori di aprirli, così la conta dei periti si fa tristemente più esatta.<br />
I branchi di delfini tengono davvero lontani gli squali dai turisti sirenetti? I pescatori sorridono sornioni: non c’è stato nessun incidente con turisti feriti da squali ultimamente, quindi in questo momento non c’è problema. Domani chi lo sa. </div>
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Insomma, no, i delfini non sono una protezione. E per dirla tutta, le nuotate con i delfini causano più morti nel mondo che gli attacchi di squali: il rischio è quello di innervosire il branco andando troppo vicino ai piccoli o di venire tramortiti e annegare a causa di una codata distratta. <a href="http://www.africanimpact.com/">AfricanImpact</a> continua a ripeterlo.<br />
Ma i sogni di gloria sono più potenti del rispetto per la natura e del buonsenso.<br />
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La pagina facebook di Africa Impact a Jambiani, ricca di foto e di notizie, è qui: <a href="https://www.facebook.com/AIZanzibar/?pnref=story">https://www.facebook.com/AIZanzibar/?pnref=story</a><br />
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<a href="http://www.loredanademichelis.it/" target="_blank"><i>Loredana de Michelis</i></a><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnvNK-WG9Z1IKbRGvmmVeIon9IMLG4l1Jk56M9CktKN2NZ49-d3xsXous2d63Nj3YGxoVBDY6oqX9WmazhTlvMPJfnzupmdCOIEA1Vac-fm0mWUpY9ivDy58ZQmreqjVB_UJKqybptPs4/s1600/1000138906_1_644x461_bajaj-tuktuk-owner-driven-mkomani.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="tuk tuk giallo" border="0" height="476" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnvNK-WG9Z1IKbRGvmmVeIon9IMLG4l1Jk56M9CktKN2NZ49-d3xsXous2d63Nj3YGxoVBDY6oqX9WmazhTlvMPJfnzupmdCOIEA1Vac-fm0mWUpY9ivDy58ZQmreqjVB_UJKqybptPs4/s640/1000138906_1_644x461_bajaj-tuktuk-owner-driven-mkomani.jpg" title="bajaji dar es salaam" width="640" /></a></div>
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“Cosa c’è lì di bello? Com’è la spiaggia? COSA FAI lì? Vacanza? Lavoro?”<br />Aspetto, Rafiki. Respiro (piano) e aspetto. Hai presente quando sei seduto al cinema prima del film? Cosa fai? Aspetti. E guardi la pubblicità.</h4>
<a name='more'></a><br />
La pubblicità è sempre utile, in un paese straniero: ti insegna la lingua e gli interessi delle persone del posto. Non capisco ancora lo swahili ma ti posso già dire che Facebook qui è popolare, e che la pavimentazione a piastrelle chiare e lucide è l’ultimo grido in fatto di arredamento. E sto guardando i cartelloni pubblicitari soltanto da qualche minuto, sai? Saranno al massimo cinque minuti che cerco di attraversare Mwai Kibaki Road senza riuscirci. <br />
Va bene, non sono un genio ad attraversare le strade: una volta a Bombay ho fatto quaranta minuti di tentativi prima di attaccarmi a un passante indiano. Gli sono stata così addosso che credo volesse chiamare la polizia.<br />
Anche questa volta sono sola, bianca come un faro, sperduta, e con uno stupidissimo marsupio sul quale sembra esserci scritto: “prego derubare”. A Dar es Salaam i crimini contro la persona sono bassi, ma i borseggi abbastanza frequenti. <br />
Ci sono 40 gradi, 50 sull’asfalto. Umidità: circa una secchiata.<br />
I sandali, quelli più comodi che ho, a causa della pelle sempre madida, mi hanno procurato due vesciche. Ho quindi comprato un paio di ciabatte, con le perline colorate: anche quelle mi procureranno delle vesciche sui piedi, ma in posti diversi rispetto alle precedenti. Ho ancora qualche centinaio di metri di autonomia, prima che succeda.<br />
Devo comprare dei cerotti.<br />
Le ciabatte sono carine, molto africane, le vendono anche a Mykonos.<br />
Sudano.<br />
No, aspetta, è la crema solare ad alta protezione che ho messo sulle tibie: si è liquefatta, mi sta facendo una pozza lattiginosa sotto i piedi.<br />
Devo arrivare a Downtown e sto tentando di prendere un <b>Bajaj</b>, il piccolo taxi a tre ruote che qui è diventato tanto popolare negli ultimi anni. Si pronuncia “Bagiagi” (quasi come “bagigio”, per i veneti, n.d.r.) oppure “Badshiadgiu” volendo fare un po’ gli africani. Costa meno di un taxi vero. O almeno così dovrebbe, ma i guidatori, appena mi vedono pivella, sparano cifre spropositate. Allora io faccio la dura, piazzo le mani sui fianchi (dove avverto improvvisamente un vestito fradicio e tutto appiccicato) e dichiaro che non c’è problema: IO piuttosto vado a piedi.<i> Che non si credano che trovo i soldi sugli alberi, io. </i><br />
Cosa vuoi che sia: saranno due ore di cammino lungo una statale senza marciapiede sotto il sole a mezzogiorno.<br />
I guidatori di Bajaj ripartono tutti, abbandonandomi senza rimorso.<br />
Io m’incammino imperterrita: occhiali da sole, niente cappello, crema che cola e marsupio sul fianco più distante dalla strada. Se ci camminano gli africani, posso farlo anch’io: in fondo quando vado alle terme sto nel bagno turco due ore, e pago pure. <i>Mai svenuta io, al bagno turco. Sono italiana, mica danese, al massimo mi scotto il naso. Dormire ho dormito, mangiato no, meglio, che così non sono sulla digestione. Bevuto, ieri ho bevuto, ma ora mi compro una bella Coca gelata al primo baracchino, me ne verso metà sulla testa e l’altra me la faccio di colazione, finalmente, senza nessuno che strilla: “Oddio, ma che schifo! Ma come fai!”. </i><br />
<i>Indietro non ci torno, non la faccio la figura di quella che è partita dicendo: “Vado sola, che problema c’è, sono tutti amici miei, Mambomambo!”, e poi torna mezz’ora dopo, senza manco essere riuscita ad attraversare la strada.</i><br />
<i>Scordatelo. </i><br />
<i>E poi, ripeto: che problema c’è? Io a Venezia cammino anche otto ore, sono un cammello. Io, ho una sveglia parlante con collegamento satellitare: sai quali sono le prime parole che sento io al mattino, qui, a Dar es Salaam? No, veramente, lasciatelo dire:</i><br />
<i>“Oggi, martedì 5 gennaio del 2016, il sole a Dar es Salaam sorge alle 6:13 e tramonta alle 18:43. La luna è calante: sorge da sud-est (102º) alle 2:11 e tramonta al sud-ovest (256º) alle 14:46. </i><br />
<i>La prima alta marea è alle 0:30 e la seguente 13:05. La prima bassa marea è alle 7:05 e la seguente alle 19:00. Il coefficiente di maree oggi è 53. Le altezze delle maree di oggi sono 2,8 m, 1,5 m, 2,5 m e 1,4 m.”</i><br />
Madonna che spavento! E questo che vuole?<br />
Ah, giusto, il Bajaj.<br />
- E come no, certo! Sai che ti dico? Di più, ti voglio pagare di più: 100 dollari per fare sette chilometri su questa lussuosissima Apecar tenuta insieme col nastro adesivo. No! Non mi devi rispondere “O.K.”: era sarcasmo, capisci? -<br />
Non ha capito. Parlano meno inglese di quanto pensassi.<br />
Procedo. Sono già le 11,30. La marea sta salendo. Però non so più bene da che parte sarebbe il mare, mi sta venendo mal di testa. Strano: non ce l’ho mai. Anche un po’ di nausea.<br />
Nessun problema, sono adattabile io: prenderò acqua invece della Coca, per una volta, e me la verserò tutta in testa, va bene. Nessun problema.<br />
Cammino contromano, così se vedo che stanno per investirmi, salto nel fosso.<br />
Il fosso è pieno di liquame spaventoso: forse rischio meno se mi faccio investire. Oltre il fosso c’è ancora una striscia di terreno dove piante e fiori coloratissimi sono coltivati in contenitori riciclati, pronti per essere acquistati al volo e ripiantati in giardini lussureggianti. Se fossi una che ragiona, mi renderei conto che si tratta di un formidabile allevamento di zanzare e quindi di un bacino inestinguibile di malaria in una città che conta milioni di abitanti. Ma sono un'occidentale rimbambita dalle immagini dei magazine femminili e quindi trovo che si tratti invece di una buona idea, anzi, dovrebbe essere adottata in molti altri posti: la strada è più bella da vedere, molte persone in questo modo si guadagnano la giornata stando semplicemente sedute tra le piante all'ombra, ridacchiando quando mi vedono passare e innaffiando i fiori con il liquame del fosso. Incredibile come dell’acqua così sporca possa alimentare tanta pura bellezza.<br />
Adesso però devo proprio attraversare la strada.<br />
<i>Ok, non devi necessariamente riuscirci al primo colpo. </i><br />
Al secondo tentativo quasi mi faccio investire dal Bajaj che vuole vendermi il passaggio. Ora ci sono 43 gradi, umidità al 300% e ho già una nuova vescica: litigo subito col conducente che se ne riparte offesissimo, lasciandomi lì. <br />
Rimango ferma a fissarmi le ciabatte per raccogliere le idee. Lo so che quelli seduti oltre il fosso stanno di nuovo ridacchiando e parlottando in swahili alle mie spalle: adesso la lingua comincia già a suonarmi familiare: <br />
- Senza ‘a tecnica ggiusta, non vinci a’ bustaa, yo yooo. -<br />
Mi giro di scatto: secondo me è un’allucinazione da colpo di sole, ma prima voglio darmi una chance.<br />
Niente: c’è un cinese seduto su una sedia scassata e quattro tanzani intorno che sghignazzano e mi fanno stupidi cenni. Decido per un sorriso da vecchia colonizzatrice assassina di elefanti e volgo le spalle, sicura della mia stirpe di prodi avventurieri. In fondo neanche Karen Blixen era priva di nevrosi.<br />
- Senza ‘a tecnica ggiusta, non vinci a’ bustaaaa. Che non sei italiana? Sì che sei italiana! Vieni qua!. Passa di là! -<br />
È il cinese che parla. <br />
Uno potrebbe dire che solo a me succedono certe cose, ed è proprio così: questa non è neppure lontanamente in cima alla lista delle cose più grottesche che mi sono capitate, al massimo la più assurda della giornata, ma è solo mezzogiorno.<br />
<i>Adesso sai cosa caspiterina ci faccio qua, Rafiki.</i><br />
I cinesi in Tanzania non sono rari, anzi, stanno silenziosamente invadendo l’Africa intera. Qui c’è il porto più grosso dell’Africa orientale, dal quale partono navi che vanno e vengono da tutto il mondo, con le loro mercanzie a vario grado di legalità. <br />
Un cinese che parla come un boss della camorra però non l’avevo ancora incontrato.<br />
- Yoo, evvieni qua che non ti mangiamo: che c’hai, paura? -<br />
<i>Io paura? Ma mi hai guardato bene in faccia? Stavamo giusto dicendo, con la Karen Blixen, che assomiglio un casino a un guerriero masai amico suo. </i><br />
<i>Respiro di fuoco, respiro di fuoco.</i><br />
<i>No, così iperventilo, mi gira già la testa. Respira di pancia, respira di pancia. Dritta, cammina dritta. Ma perché ci vai? L’ombra, mi serve l’ombra.</i><br />
Passo sul ponticello di assi marce, largo 20 centimetri, che scavalca sbilenco il fossato di cemento, largo un metro e mezzo, dove scorre la fogna: sì, decisamente meglio essere investita.<br />
Uno degli scagnozzi si alza e mi lascia il suo posto sulla tanica-sedile. Il cinese pare essere proprio un qualche tipo di boss: se scopro che è nel traffico dell'avorio, lo geo-localizzo ai gruppi degli animalisti, formo un commando, e lo sgozziamo prima che il sole tramonti due volte. Col movimento di marea giusto, non lo troveranno mai.<br />
- Dove devi andare? -<br />
- Da nessuna parte, sono giornalista e sto facendo un servizio sui Bajaj per la stampa italiana. Abito qui dietro con il mio compagno e 7 guardie masai. Armate. -<br />
Questa è una cosa che ho scoperto di recente: basta dire di essere giornalisti e sono tutti contenti. Mai nessuno che risponda: “Eh? Un servizio su che??”. Qualunque cosa sia, lo trovano sempre molto interessante.<br />
- Curioso sentire parlare italiano qui: lei lo parla molto bene! -<br />
- Perché sono di Napoli, che non si vede? -<br />
<i>Non ridere. Qui non siamo alla bocciofila di Mirandola, non ridere. Fai la faccia interessata.</i><br />
- Sono nato e cresciuto a Napoli yo. Sono italiano. -<br />
<i>I ‘cu faci n’Africa ‘inti mezzu i piantini e quattro bricanti coi denti come tasti di pianoforte, picciotto yo-yo?</i><br />
- Ma pensa! Bello! È tanto che si è trasferito qui? -<br />
- Eh, una vita. Una vita di stenti! Vuoi bere qualcosa? -<br />
- Sì grazie, una Cocacola. Anche Pepsi andrebbe bene. Che afa, eh? -<br />
- E quanto la paghi, la Cocacola? -<br />
<i>Ah, ecco, ci siamo. Sei un’idiota. </i><br />
- Quanto lo paghi? - insiste indicando un venditore ambulante dall'altra parte della strada.<br />
- Ah, volete una Coca? Ve la offro volentieri! Magari io prendo l’acqua. -<br />
- No. Yo. Ti ho chiesto TU quanto la paghi la Cocacola: 1000 scellini? -<br />
- … Sì.-<br />
- E allo Shopping Center? Quanto la paghi? -<br />
- Uguale, credo. -<br />
Cioè 1000 scellini: quello è giusto, perché lo Shopping Center ci paga le tasse. Ma quelli della strada no. Tu paghi 1000 scellini perché sei turista: se vado io non pago 1000 scellini. Capisci? -<br />
- Ah, beh, sì certo! Lei quanto la paga? -<br />
- Questa domanda non me la devi fare. Ora facciamo così: tu dai 4000 scellini al ragazzo e lui va a comprare 5 Cocacole: ti tornano i conti? - e nel dire questo indica il mio marsupio, che tutti attaccano a fissare manco fosse un filmino hard. Cioè, neppure mi deruba: si fa consegnare il malloppo. Quanto ho in tasca? Non molto. Neppure il cellulare, l’ho dimenticato. Però non mi piace come la stanno mettendo: è troppo lavoro solo per fregarmi dei soldi. Con la paura come molla, posso saltare il fossato al volo e correre buttandomi in mezzo alla strada per fermare una macchina. Devo solo alzarmi fingendo di poter così aprire il marsupio più comodamente.<br />
Mi sfilo piano le ciabattine perlinate.<br />
- E statte femma, yo! Dove vuoi andare? Mettiti le scarpe! - e dà un altro ordine secco in swahili a uno degli scagnozzi, che parte verso il baracchino.<br />
Adesso ce n’è uno in meno e io sono cinque volte incazzata di più. Mi seppelliranno nella magica terra d’Africa, ma giuro che mi porto dietro anche il cinese camorrista.<br />
- Mi dai i soldi dopo, yo, che l’ho visto che non ti fidi. Sei giornalista, no? E allora scrivi! - e si mette comodo sulla sedia lercia, che ha pure un cuscino, lercio: <br />
- Se vuoi prendere il risciò, intanto devi camminare dal lato della strada verso la direzione che vuoi andare. Non chiedere a quelli che sono fermi parcheggiati, che stanno mezzo durmenno, sono tutti insieme e non possono fare i prezzi bassi, che l’altri senò s’incazzano. Tanto ce ne sono migliaia, troppi, e nun accattano più, perciò anche quelli che corrono in strada ci provano tutti: quelli sono soli, possono abbassare i prezzi. Tu non li chiamare, cammina come se abiti qui vicino. Loro si fermano, ma non c’hanno tempo per contrattare, che hanno le altre macchine dietro che gli fanno il clacson che qui stanno tutti incazzati per il traffico. Tu non devi chiedere mai il prezzo, cammini e intanto gli dici il posto, non la via, che tanto nun la sanno mai, yo: manco sanno dove vivono, chisti. Devi dire il nome di uno Shopping Center o un hotel che ci sta lì vicino. E intanto, gli devi fare vedere i soldi che tieni in mano. Prendere o lasciare. Questo è importante. Te li devi preparare prima, giusti. Tipo 3000 scellini, anche 2000, se non è troppo lontano. (1 euro : 2400 scellini tanzanesi circa).<br />
Quando ‘a gente vede i soldi, non capisce più gnente, yo: li vogliono subito, mi capisci? Tutto il mondo è così. Tu gli mostri i soldi, sali in vettura veloce, e sei a posto. Stai attenta che tanti non sanno guidare proprio: quando ne trovi uno tranquillo, dopo lo chiami al telefono quando ti serve, sempre a lui. E gli chiedi pure lo sconto. Hai capito? <br />
Adesso ce li vuoi dare i 4000 scellini per le 5 Cocacole al guaglione, o ti pare che sono troppi? -<br />
- Sì certo, scusi! -<br />
Mi ero bevuta in trance la mia Cocacola, dimenticando di versarmene metà sulla testa.<br />
- Ma lei non ha bevuto niente: posso offrirle qualcosa per ringraziarla dell’informazione? -<br />
- Noyo. -<br />
Silenzio. Non mi guarda più nessuno.<br />
- Beh, grazie dell’info, è stato veramente gentile: ora testo subito! - <br />
<i>INFO? TESTO? Ma come parli?</i><br />
Non mi risponde, sono diventata invisibile: il cinese ora si gratta le costole e contempla la strada. Mi alzo e me ne vado, ripassando sul ponticello. Attacco a camminare nella direzione da cui sono venuta, che è quella opposta a dove devo andare, ma è quella giusta per prendere il Bajaj al volo: piuttosto di fare il patetico balletto del tentato attraversamento stradale davanti a questi, mi butto sotto un camion. <br />
Quando sono a distanza di sicurezza mi giro per salutare. Il cinese mi fa gesto di andare con la mano.<br />
Comunque il suo sistema funziona: prendo il Bajai e gli faccio fare inversione a U, riuscendo finalmente a spostarmi dall'altro lato della strada. Ripassando davanti al gruppetto sventolo un saluto e il cinese mi fa un altro gesto con la mano, quello che significa: “Birbone, quante botte ti darei”.<br />
<br />
Il guidatore di questo bajaj non ha sicuramente la patente e ignora comuni regole di comportamento stradale, ma sa guidare: lo sa fare così bene che quasi quasi lo presento al team di Holer Togni. Intollerante al traffico, si butta in ogni pertugio che vede aprirsi tra i numerosi Suv, facendo peli millimetrici. Passa sulle zone pedonali suonando ai passanti, che si spostano senza protestare; sale su un lungo marciapiede che è dalla parte opposta della nostra corsia e lo percorre a manetta, per poi tagliare seccamente la strada alle auto che viaggiano in senso contrario e inserirsi di nuovo nella fila con la direzione giusta. Esce dalla carreggiata per un pezzo di sterrato che rasenta un fosso e viaggiamo con un'inclinazione tale che sono certa che ci ribalteremo, e invece no.<br />
Sordo alle mie proteste, il driver, concentratissimo, infila il margine della strada puntando a massima velocità un palo della luce che si trova a poca distanza, superando tutti a destra: all'ultimo frena e rientra in corsia, tollerato dagli altri veicoli con una flemma che in Italia sarebbe inconcepibile. Forse è perché loro hanno i vetri oscurati e l'aria condizionata, mentre noi da fermi non abbiamo nulla se non l'ombra ammorbata dagli scarichi, l'afa e un sedile scomodo.<br />
<br />
Il ritorno lo faccio su un altro bajaj, con un autista un po' più tranquillo, forse perché il percorso all'inverso è meno trafficato.<br />
Sono comunque contenta di essere arrivata a casa.<br />
Lì ci sono due masai di guardia, timidi e ossuti, che girano silenziosi. Vestono solo di una stoffa colorata gettata su una spalla e stretta in vita con una cintura di cuoio. Non portano niente sotto: l’ho capito perché prima di sedersi raccolgono la stoffa in un certo modo preciso, e con cautela.<br />
Devo ancora scoprire come mai siano così temuti, e perché siano considerati delle buone guardie: è vero che non dormono mai, sono veloci come gatti e praticamente invisibili di notte, ma fanno il bagno nel dopobarba e posso scovarli a fiuto anche quando si trovano sottovento. <br />
La città di Dar es Salam non è Zanzibar: i turisti di solito stanno in centro, mentre Mikocheni è un’area residenziale mista. Qui nessuno parla italiano, a parte il cinese. Uno dei due Masai parla un po’ d’inglese e quando gli ho chiesto il suo nome ci ha pensato su, poi ha detto: K2. Mi ha chiesto di dove sono e poi mi ha chiesto se l’Italia è in Africa. Allora ho detto Milan, Inter e Juventus, lui ha sorriso illuminato e siamo diventati amici. Mi ha insegnato a dire Rafiki, che significa amico. Io gli ho insegnato a dire Ciao. Scambio culturale. <br />
- Mambo, K2! Quanto la paghi tu una Cocacola al baracchino? -<br />
- Mambo, Ciaociao -<br />
- Ciao K2. Tu quanto la paghi la Cocacola? -<br />
- No, io K2. Tu Ciaociao - e ride.<br />
- No, Ciao vuol dire Mambo, o Jumbo. - <br />
- Mambo Jumbo, Habari? -<br />
- Bene grazie. Tu la vuoi una Cocacola? -<br />
Non risponde, mi fissa incerto.<br />
- Eddai, possibile che nessuno mi voglia dire quanto costa una Coca al baracchino, se a comprarla è un locale?-<br />
Silenzio. Mi guarda. Ha gli occhi delle antilopi.<br />
Va bene, oggi ho vinto un bonus vita, sento che posso fare tutto: gli mostro la bottiglietta di Coca vuota, gli indico il baracchino, gli do 2000 scellini e gli faccio 3 con la mano, indicando di nuovo la bottiglia. <br />
Non si muove e mi guarda. <br />
Va bene, ho sbagliato le dita, devo fare 3 mostrando il dorso della mano e alzando mignolo, anulare e medio, altrimenti me lo richiedono sempre.<br />
K2 parte. Torna con 2 bottigliette e me le consegna, molto insicuro.<br />
- Ah. Le hai pagate 1000 ciascuna. Va bene, ci rinuncio, era giusto per sapere, ma non importa, tieniti il segreto. Beviamoci ‘sta Coca. - e gli porgo una bottiglietta. <br />
Lui la prende e me la regge, mentre io apro l’altra. Continua a guardarmi senza dire niente.<br />
- Questa Cocacola è per te! Non vuoi bere? -<br />
Lui ci pensa un po’, poi fa un cenno obliquo con la testa e la apre. Ci sediamo in silenzio, sotto l’albero.<br />
K2 mi osserva di sottecchi mentre io mi scolo la mia tossicodipendenza: lui ha dato solo due sorsate. <br />
- Io non ho bevuto Cocacola, prima: non so quanto costa. - <br />
<i>Sei una povera imbecille, Ciaociao: ignorante, bifolca, stronza e imbecille! Se il cinese ti accoppava, faceva un favore all'umanità!</i><br />
- Mi dispiace, scusami davvero, non lo sapevo. Mi dispiace.<br />
Mi guarda serio.<br />
- Comunque sono contenta che ora tu l’abbia assaggiata: ti piace? -<br />
- No. Veleno. Per questo, io, mai bevuta. - <br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/" target="_blank">Loredana de Michelis</a></i></div>
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Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-79538377926575914312015-12-15T17:30:00.000-08:002017-12-14T12:33:52.679-08:00Soi Dog. Il canile dei cani più felici del mondo è a Phuket, in Tailandia.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxAS1JWA6I_vFo96wVbvBT13J4YjBn_WOAZewaukecf2M7fCRfU08xfsbMil2a0dUthehcX51I7Jr5B1Tk6TtDLcBM5pXH1C4XLQHYbsZ7VpetgK3Um_E2UBnTsILSMgPKPS3N_iyqHrw/s1600/1655703_660076930700712_987566875_o.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="cani sotto una tettoia" border="0" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxAS1JWA6I_vFo96wVbvBT13J4YjBn_WOAZewaukecf2M7fCRfU08xfsbMil2a0dUthehcX51I7Jr5B1Tk6TtDLcBM5pXH1C4XLQHYbsZ7VpetgK3Um_E2UBnTsILSMgPKPS3N_iyqHrw/s640/1655703_660076930700712_987566875_o.jpg" title="canile tailandio soj dog" width="640" /></a></div>
<h4 style="text-align: left;">
La Tailandia non è un Paese particolarmente famoso per il rispetto dei cani. In molti posti dell'Asia, e non solo, i cani sono considerati come da noi i piccioni: stanno in strada, malconci, sopravvivono di spazzatura, finiscono sotto le auto, e quando danno troppo fastidio o crescono eccessivamente di numero, vengono eliminati. <a name='more'></a></h4>
<div style="text-align: left;">
La <a href="http://www.soidog.org/">Soi Dog Fundation</a> ha più di un milione di followers su <a href="https://www.facebook.com/SoiDogPageInEnglish/">Facebook</a> e può contare su donazioni straordinarie, che non ho mai visto ricevere da nessun altro.<br />
Il fondatore di Soi Dog è un signore inglese di una certa età con il gusto per la lotta sociale: negli anni<span style="color: red;"> </span>è riuscito a farsi rispettare dalle autorità tailandesi e a realizzare persino delle cliniche mobili che si spostano per il Paese, sterilizzando e curando migliaia di cani e gatti. Non contento, rischia la vita con una certa regolarità contrastando il commercio e il consumo illegale di carne di cane, che si svolge soprattutto al confine con la Cambogia.<br />
<br /></div>
Non è stato facile convincere il tassista a partire dal parcheggio dell'aeroporto di Phuket chiedendogli di portarmi verso una zona priva di alberghi: non capiva dove volessi andare. Quando gli ho chiesto di girare seguendo l'indicazione "Soi Dog Shelter", si è agitato, tentando di spiegarmi che non si trattava di un hotel.<br />
Con lui sempre più preoccupato, siamo arrivati ai cancelli del canile, che è un'area di terreno sotto un ripetitore. Il terreno è brullo e pieno di pozzanghere. Il cancello è aperto e l'abbaiare dei cani è assordante: ce ne sono più di 500. <br />Un cane grosso, grasso e nero, con un pelo molto strano, si è avvicinato senza scodinzolare: è lui il padrone di casa. Il tassista, terrorizzato, ha chiuso i finestrini e anche le porte del taxi, mentre mi chiedeva se ero proprio sicura di volere scendere lì.<br />
<br />Quando vedo il cane da vicino, che mi fissa attraverso il finestrino, mi accorgo che non è un cane nero: è abbronzato. Non ha pelo e la pelle glabra, unta (scoprirò in seguito, di crema solare ad alta protezione), è scurita dall'esposizione al sole. È uno dei tanti cani salvati dall'ultimo stadio di una rogna terribile, a cui il pelo non è mai più ricresciuto. È anche uno dei pochi cani che circolano liberamente nel piazzale, grazie al suo carattere pacifico, che non gli impedisce comunque di svolgere la sua funzione di portiere attento.<br />
Pago il tassista e scendo: lui, sempre più confuso, fissa a bocca aperta la Limousine con autista e vetri oscurati che ha appena parcheggiato, e da cui scende una ragazza russa in vestito da sera viola. I suoi due aiutanti trascinano enormi sacchi di crocchette per cani verso le costruzioni al centro del piazzale. Io seguo, voglio vedere la scena.<br />
La russa calza stivaletti di raso con tacco a spillo di metallo e il suo vestito accarezza le pozzanghere: s'inchina lievemente a tutti i cani che incrocia e va dritta verso la ragazza occidentale che è uscita da uno degli edifici del canile. Quando le arriva vicino, unisce i palmi delle mani al petto e piega il busto in un saluto che più che tailandese mi pare degli hippy del Goa, ma non sento se le scappa anche un Namastè. Spiega in inglese che risiede all'hotel Y, che ha saputo del canile, che benedice tutti per la loro bontà d'animo e che reca in dono oro, incenso, crocchette e un assegno.<br />
Vorrei correre indietro a tirare fuori il tassista per le orecchie e filmare la sua faccia, ma è sgommato via. A questo punto ho la bocca spalancata anch'io.<br />
La ragazza occidentale non fa una piega: è alta, serissima, un po' robusta, ha gli stivali infangati, un caschetto di capelli castani e due occhi verdi che tendono a soffermarsi nei tuoi un po' troppo a lungo. Quasi senza parlare, chiama qualcuno dall'edificio e arrivano due ragazzi asiatici, che afferrano i sacchi di crocchette e invitano la signora a entrare.<br />
Occhi Verdi sposta lo sguardo su di me, e lì lo pianta, senza dire nulla. Balbetto che sono venuta per visitare il canile e... aiutare... se non... se serve... se non disturbo.<br />
Lei mi dice di farmi un giro, appena finiscono con la russa mi manda qualcuno.<br />
Io ho studiato la pagina Facebook di Soi Dog e il loro sito. A parte le foto di cani recuperati in condizioni spaventose, ho visto che dovrebbe esserci una clinica molto attrezzata dove lavorano veterinari tailandesi, un gattile, alcuni cani che sono diventati delle star per la loro triste storia finita bene, e uno stagno circondato da panchine di pietra.<br />
Le panchine voglio proprio vederle, perché su Facebook, Soi Dog ogni tanto mette un trafiletto, a proposito di un vecchio cane deceduto lì al canile dopo una lunga vita, prima di stenti e poi di tanto amore: scrivono che gli hanno costruito una panchina alla memoria. Io lo devo ancora vedere un canile del terzo mondo che spreca soldi a far costruire panchine commemorative per cani intorno a uno stagnetto: secondo me raccontano un sacco di balle ai donatori.<br />
Mi aggiro cauta sotto il sole grigio tropicale. Nei recinti, che sono enormi e con il pavimento di cemento, ci sono decine di cani. Hanno molte pedane di giunco protette da tettoie dove ripararsi all'ombra e dove sostano a gruppetti. C'è uno scambio continuo di annusate, code alte, rincorse: sembra un'allegra piazza di paese. Quando mi avvicino alla rete, alta oltre tre metri, molti si avventano abbaiando e scatenando un fracasso insopportabile.<br />
Mi raggiunge presto un ragazzo tailandese timido, che parla un po' d'inglese. Mi accompagna in ufficio, dove mi fa fare un piccolo tour: ci sono alcuni tailandesi seduti al computer che si occupano della contabilità e di aggiornare il sito e la pagina Facebook di Soi Dog, veterinari e infermieri, personale che va e che viene. Mi spiegano le possibilità di lavoro dei volontari: posso portare a spasso i cani, far giocare i cuccioli, tanto per cominciare. Posso anche pranzare lì: viene il catering da fuori, riso con pollo o riso con pesce, costa pochissimo ed è quello che mangiano tutti, seduti per terra all'aperto, nella loro pausa pranzo di 15 minuti.<br />
Mi accorgo che i volontari sono numerosi: parlo con una ragazza olandese che si è fatta il suo mese di vacanza lì dentro con un orario 8-19, si paga una stanza in città ed è andata al mare solo due volte, a portare a spasso dei cani.<br />
Io una stanza me la devo ancora trovare: sono arrivata a Phuket con l'autobus da Bangkok, ho fatto una doccia a casa di conoscenti e sono partita per il canile più figo del mondo. Non dormo da almeno 40 ore, ma dopo un po' non te ne accorgi più, vivi solo in uno stato di liquorosità cerebrale.<br />
Chiedo se posso portare a spasso qualche cane subito.<br />
Con il ragazzo tailandese e due corde da roccia robuste, partiamo verso i recinti passando davanti a una zona di gabbie singole. Lì ci sono i cani malati o in convalescenza, che guaiscono di tristezza, e<span style="color: red;"> </span>altri cani che sono stati isolati in attesa di essere portati dai loro adottanti: è necessario che si abituino a stare fuori dal branco. Le adozioni ammesse da Soi Dog si limitano ai paesi di Canada, Stati Uniti e Nord Europa (no, in Italia, no): l'adottante deve presentare una serie di referenze ed è necessaria una catena di accompagnatori per il trasporto aereo dell'adottato. Traducendo: per adottare un cane, spesso malconcio come pochi, c'è gente che paga oltre 400 euro per il suo volo e ci sono passeggeri accompagnatori volontari, trovati con un annuncio su Internet, che si occupano del suo trasferimento dalla Tailandia al Paese di destinazione. Non è un'impresa facile ma Soi Dog ha un'organizzazione perfetta: fanno loro il check-in del cane e forniscono tutta la documentazione e la logistica necessarie.<br />
Mi domando quanti cani, cresciuti nelle strade calde della Tailandia, abituati a territorio, lotte di branco e rifiuti, possano affrontare da adulti un cambio di vita che comporta guinzaglio, climi freddi, camini e sofà. Comincio a capire che chiunque si occupi di questi cani, li conosce profondamente uno per uno.<br />
Quando io e il mio accompagnatore tailandese ci avviciniamo ai recinti con le nostre corde, molti cani si avventano contro la rete abbaiando eccitati: sanno che c'è in vista una passeggiata e sanno anche che è un onore che non si può tralasciare. In ogni area recintata, che arriva a tenere oltre 50 cani, c'è un essere umano, accucciato sul cemento. È sempre un birmano. Sembrano vecchi e non lo sono, hanno la pelle cotta dal sole, i piedi nudi e vestono con tute larghe e scolorite. Abituati a fare la classe povera e sfruttata dei tailandesi, i birmani spesso vivono in baracche o per strada, proprio in mezzo ai cani. Parlano poco, chiedono nulla ma vogliono essere lasciati in pace. Scopro così che Soi Dog, oltre a dare lavoro qualificato a molta gente del posto, offre la possibilità ai "clochard" birmani di continuare a dormire all'aperto, se lo desiderano, e di stare con i loro amici, i cani, mentre sono comunque pagati e nutriti regolarmente.<br />
Il tailandese dice poche parole alla donna birmana del recinto dove ci siamo fermati, che sedeva in un angolo all'ombra, apparentemente addormentata sotto il suo cappello. Il suo ruolo, nel mondo degli umani, è quello di controllare i cani e di pulire il pavimento di cemento con scopa, paletta e idrante: il pavimento infatti è perfettamente pulito. Nel mondo dei cani però il ruolo dell'essere umano nel recinto è quello del capo-branco assoluto: 60 cani di grossa taglia, abituati a difendersi e perlopiù discendenti da cani selvatici, si girano muti a fissare speranzosi la birmana in attesa del suo verdetto. Lei si alza agilmente e li osserva: ne indica due con cenni precisi della mano e mentre gli altri si allontanano in silenzio e delusi, i due cani prescelti attaccano ad abbaiare felici e a fare girotondi vorticosi, pavoneggiandosi. Lanciamo le corde oltre la rete d'acciaio, lei gliele mette al collo e ce li passa scalpitanti aprendo il cancelletto di ferro, sulla soglia del quale si piazza risoluta, casomai qualcuno degli altri osasse sfidarla.<br />
Capisco che dovrò avere polso fermo: questi non sono cagnolini che hanno perso la loro padroncina. Il ragazzo tailandese mi consegna entrambi i cani e mi indica un percorso: se ne va dicendomi "torna poi indietro da questo corridoio". "Qua-ndo?" Dico io, strattonata dall'entusiasmo dei due energumeni e passando davanti a un altro centinaio di cani dietro le reti che abbaiano e si avventano contro i miei, che non tardano a rispondere, cattivi e arroganti: loro hanno il premio, agli altri credo stiano urlando parolacce di scherno. Il ragazzo mi sorride: "Te lo diranno i cani" e mi lascia con le mie preoccupazioni.<br />
Non ho molta scelta se non seguire le due bestiacce, a cui non importa nulla delle mie carezze e che mi annusano distrattamente: tirano verso un percorso che conoscono bene e che è di poche centinaia di metri. Eccolo lì lo stagno artificiale con l'erba intorno che ho visto nelle foto. Non ci credo: ci sono davvero le panchine.<br />
Mentre corro trascinata o vengo bloccata all'improvviso perché c'è un odore interessante, ho modo di leggere alcune targhe: "In loving memory of Nadine, data, gentilmente offerta da Mrs. Jones, Edimburgh, Scotland". Allora è vero: la signora Jones, adottante a distanza di Nadine, le ha regalato una panchina quando questa è morta senza mai avere avuto l'onore di dormire su uno dei suoi tappeti. Alcuni muratori tailandesi sono stati pagati per costruire una panchina su cui non si siede nessuno, in un posto pieno di cagnacci ringhiosi. Probabilmente raccontano ancora la storia al bar.<br />
Ci sono molte panchine, ma i cani non mi permettono di soffermarmi su tutte. Anche sopra ogni recinto del canile c'è una targa, che dice: "Quest'area è stata costruita grazie alla generosa donazione di Miss Vattelapesca, Ontario", e via così.<br />
Prima della passeggiata avevo visito la costruzione del gattile, anch'essa fatta grazie alle donazioni, dentro la quale c'è una clinica con tavoli d'acciaio pulitissimi e l'attrezzatura di una sala operatoria. Ci sono alcune stanze piene di giochi per gatti, ponti, cuscini, tutto pulito e curato. I gatti di qua sono molto belli, sottili, con gli occhi allungati e orecchie grandi. A molti manca un pezzo, ma sono adottati anche loro oltreoceano con facilità, grazie ai modi cortesi e azzeccati del loro Patron, che li aiuta tramite una campagna web costante e ben congegnata.<br />
I due cani che mi stanno portando in giro, entrambi con delle cicatrici, sono probabilmente dei bravissimi guardiani ma non sono certo abituati alle carezze, che non hanno mai ricevuto in vita loro: non diventeranno mai cani da salotto. Sono puliti, però, e il loro capo birmano li conosce come nessun altro: al primo cenno di disagio fisico o psicologico, scatta l'assistenza premurosa. Mi hanno spiegato che l'introduzione in questi grossi gruppi di un nuovo arrivato è sempre una faccenda delicata: l'umano nel recinto è l'elemento che rende questo possibile senza incidenti, grazie alla sua posizione di privilegio all'interno del branco.<br />
Finito il giro, i miei cani attaccano a tirare decisi per tornare indietro. Capisco che là c'è la loro famiglia, i loro amici, i nemici da sfidare, capi e sottoposti: un'intera società di cui fanno parte. E mi rendo conto che la vita ideale di un cane è questa: il branco, le sottili regole, le sfide, cibo assicurato e un premio extra ogni tanto per farsi belli.<br />
Io che volevo riempirli delle coccole stucchevoli di cui nessuno qui ha bisogno, tranne me, li riconsegno al loro capo, guardandoli sostare orgogliosi al centro dell'attenzione di tutti gli altri, che si precipitano ad annusarli. Mi dirigo penosamente verso il recinto dei cuccioli in cerca di quello che pretendevo di dare.<br />
Il recinto dei cuccioli è festoso e finalmente tutti mi corrono incontro. Ci sono palloni, bastoni, giocattoli. C'è anche una donna inglese che ha fatto un salto in giornata, volando da Londra: li coccola per qualche ora e poi riparte. È tutto normale.<br />
Annuncio in ufficio che se hanno una stanza nei dintorni mi fermerò qualche giorno. Non ce l'hanno, ma il ragazzo tailandese mi accompagnerà a Phuket in cerca di qualcosa, finito il suo orario di lavoro. È una sua iniziativa: in questo posto hanno bisogno di volontari quanto io ho bisogno di un trattore, faccio un calcolo a spanne delle donazioni che ricevono e ritengo che sia impressionante. Se lo meritano, comunque.<br />
Prima di andare via scopro che Occhi Verdi vive nella casa che c'è lì dentro e che ci tiene comunque cinque o sei cani, che non riuscivano a stare in gruppo: ci sono cani, perlopiù abbandonati da occidentali che lasciano il Paese, che non hanno l'istinto di branco e ne vengono sopraffatti psicologicamente. Si isolano, non instaurano rapporti, non mangiano e finisco per lasciarsi morire. Sono tenuti in casa quindi, come i cani dei paesi ricchi, e dormono sul divano, cosa che alla maggior parte dei loro colleghi, molti dei quali recuperati adulti dalle strade perché in condizioni di non potere più sopravviverci, forse non piacerebbe.<br />
Passiamo a salutare i cani anziani e tranquilli, che sono in un recinto a parte, con l'erba, e poi salgo su uno dei furgoni con l'insegna di Soi Dog. Il mio amico tailandese vive a Phuket, con la sua ragazza e un paio di cani, naturalmente. È felice di lavorare lì, proprio felice: ama i cani e non è una cosa comune dalle sue parti. Siccome io sono senza auto, se voglio mi passerà a prendere tutte le mattine alle 9 e mi riporterà in città alle 17.<br />
Quando arriviamo dall'affittacamere tailandese vicino a casa sua, però, non ci sono più stanze libere: il mio accompagnatore rimane mortificato e incerto sul da farsi. L'affittacamere è scortese e non vuole fornire indirizzi alternativi. Un occidentale, che ci ha osservato dalla veranda per tutto il tempo, si alza e mi viene incontro: è uno di quelli che ci tengono molto a definirsi Espat e che avrebbero girato il mondo, soprattutto quello del turismo sessuale. Sono tutti dei manager di non sanno bene cosa, hanno delle chiazze rosa sul cranio pelato e gli occhi lucidi degli insetti. Insomma, non mi piacciono, e non piacciono neppure al mio amico tailandese a quanto pare, perché arretra con la testa bassa, facendomi cenno di andare. L'Espat vuole sapere di dove sono e si rigira in bocca la parola "italiana" come se fosse cibo. Decide poi di concedermi l'informazione e mi da il nome di un altro affittacamere, "pulito, economico e senza gentaglia" in omaggio forse alla mia bellezza ora per lui esotica o forse al suo passato di essere vivente prima di diventare uno zombie dei vicoli. Si rivolge al mio amico tailandese nella sua lingua e con tono di comando gli spiega dove portarmi.<br />
Risaliamo in furgone e il tailandese è molto imbarazzato. Lo rassicuro con quel poco di inglese che capisce e sistemiamo tutto con sorrisi e cenni: sono certa che l'affittacamere è buono e in effetti lo è. Anche lì però non spiccicano una parola d'inglese, per fortuna che c'è lui.<br />
Sono disfatta ma faccio un giro camminando verso il mare: motorini smarmittati ovunque e cani sul ciglio della strada. La spiaggia è coperta di lettini e il lungomare è pieno di bar e negozi. So che ci sono delle baie belle lì intorno, ma non ci posso arrivare. È Gennaio, ancora alta stagione: girano coppie di giovani russi tatuati in viaggio di nozze e di occidentali vecchi con ragazzine del luogo. L'Italian Pizza e il Mojito sono ovunque. Mangio un cocco e vado a nanna sognando i miei cani di Soi Dog. Chissà se la notte c'è silenzio o è tutto un ululare.<br />
Il giorno dopo mi faccio trovare in strada puntale. Il mio amico passa a raccogliermi e trascorro il breve tragitto a farmi istruire sui mazzetti di foglie verdi appesi ovunque all'interno del furgone: è basilico tailandese, una pianta che porta bene e dal profumo buonissimo, mi spiega. Il profumo di quei mazzetti a me pare esattamente quello di una salsiccia: ai cani deve sembrare delizioso.<br />
Al canile c'è fermento: sterilizzazioni in corso, nuovi arrivi di cani malconci e impauriti, walkie talkie che gracchiano, visitatori che affondano le loro ciabattine nel fango e comprano la maglietta di Soi Dog.<br />
Allatto un po' di gattini con un biberon e li rimetto nella cuccia con la loro mamma fasciata, reduce da una pentolata di acqua bollente: non può camminare e ha gridato tutto il tempo in cui i suoi cuccioli sono stati lontani da lei. Aiuto a cambiare la fasciatura di un grande bassotto randagio, che è stato aggredito da uno squilibrato al mercato, che gli ha ripetutamente accoltellato gli occhi. Passo da Shiver, il cucciolo famoso, recuperato tremante e ricoperto di croste, che ora è un giovane adulto argentato un po' diffidente: è grazie alle donazioni ricevute per la sua storia che adesso esiste un recinto per i cuccioli con il suo nome, dove lui gira impettito, unico adulto seguito al trotto da tutti i piccoli. Non avevo mai visto un cane tirarsela in quel modo.<br />
Quando gli operatori capiscono che non sono troppo schizzinosa, mi danno un paio di guanti di lattice e una garza pulita, promuovendomi ai cani con problemi di pelle. Non ne sono felicissima, perché so quanto soffrono e quanto possono essere nervosi: hanno tutti dei denti da squalo ma nessuno lì sembra preoccuparsi e io nascondo la paura. Lo faccio così bene e sono così curiosa di tutto, che il mio amico tailandese decide di farmi un regalo speciale: nel pomeriggio accompagnerò l'accalappiacani, c'è una cattura da fare.<br />
La gente di Phuket sa che il canile esiste, e dopo un'iniziale diffidenza, molti ora preferiscono chiamare Soi Dog piuttosto che uccidere un cane se lo vedono malato o ferito. Altri si offrono timidamente di tenere temporaneamente dei cuccioli da allattare: sono solitamente donne povere e sole a cui viene passato tutto l'occorrente e anche qualcosa di più.<br />
Monto sul furgone con un birmano dall'aria feroce e i modi sbrigativi. Ha le mani spesse e callose, e guida a piedi nudi. Non parla inglese ma io mi ricordo ancora il nome del basilico alla salsiccia e sul suo fantastico profumo ci facciamo grandi annusate e sorrisi compiaciuti.<br />
Quando arriviamo al cortile dove è stato imprigionato il cane che dobbiamo catturare, però, smetto subito di sorridere: non avevo mai visto un cane idrofobo, prima. È grosso, ha gli occhi velati, la bava alla bocca, perde sangue dalle orecchie e continua a inciampare senza equilibrio. Urla e ringhia in modo così minaccioso da far accapponare la pelle.<br />
Il birmano smonta dal furgone come se niente fosse e se ne frega se lo seguo o meno. Io scendo di riflesso, ma me ne pento subito: il cortile è di tre metri quadri e il tailandese che ci ha chiamati ci chiude dentro fuggendo poi a gambe levate. Questa volta una vocina mi dice che se le agenzie turistiche ti piazzano nei resort e tutti vanno in spiaggia, un motivo forse c'è.<br />
Il birmano mette una mano in una tasca sdrucita, mentre si muove dondolando come un cobra davanti al cane idrofobo. Tira fuori una stringa di scarpa, tutta ciancicata, annodata a cappio. Con una mossa semplice, fluida e velocissima, avvicina la mano al muso del cane e lancia il suo piccolo <i>lazo</i>: ha un solo tentativo a disposizione per bloccargli le fauci, ma sono sicura che non sbaglia mai. Messa la museruola di fortuna la stringe velocemente, tira, il cane crolla e lui lo prende in braccio. È successo tutto in un minuto. Il cane ringhia ma non riesce a opporsi e gli occhi roteano nelle orbite. Aiuto a trasportarlo: puzza come un cadavere e scotta per la febbre. Sul retro del furgone il birmano gli lega le zampe e gli bagna il muso.<br />
Partiamo e il tragitto si fa in silenzio, senza sorrisi. Ho la testa divisa a cubetti, tra l'ammirazione, l'allarme, l'offesa per il rischio che mi ha fatto correre, la voglia di raccontare questo a qualcuno, le domande sulla sorte di questo cane, sulla sua malattia. Per fortuna non parliamo la stessa lingua, sennò sono certa che nell'agitazione gli chiederei qualcosa di stupido, tipo: "Sei vaccinato?".<br />
Arriviamo a un garage: dentro ci sono gabbie di ferro che ospitano cani molto malati e infettivi. Il cane viene trasferito in una delle gabbie e capisco che il veterinario, uno tosto, passerà successivamente. Il birmano lo slega, lo fa rotolare in una delle gabbie e con mossa magica gli toglie il laccio dal muso prima che abbia il tempo di morderlo. La povera bestia giace su un fianco, sfinita e vinta. Gli altri si muovono appena. Il birmano apre una gabbia per volta e con mosse delicate ed efficienti cambia cibo e acqua, pulisce, mette un po' di segatura. Imparo così qual'è l'atmosfera di un lazzaretto.<br />
Però c'è un gatto. Bianco e rosso, libero e in salute, ci osserva accucciato sulla grata superiore di una delle gabbie. Il cane sotto di lui brontola minaccioso ma il gatto è serafico. Lo indico al birmano, che lo guarda facendogli un cenno della testa, come se si trattasse di un vicino di casa. Lui stringe gli occhi un attimo. Niente cibo per lui: è lì per simpatia. Ce ne andiamo chiudendolo dentro, tanto esce dalla parte superiore che è aperta. Capisco che è in attesa dei topi attirati dal cibo nelle gabbie.<br />
Il birmano ora è il mio nuovo mito. Mi riporta al canile senza una parola e quasi non mi saluta. Di lì a due mesi tornerà a vivere in strada, per sua scelta, rinunciando allo stipendio, a un tetto, ai pasti sicuri e a guidare un furgone. Lo staff di Soi Dog lo saluterà regalandogli un cellulare per le segnalazioni e ringraziandolo per l'impagabile servizio con una sua foto e un post sulla pagina Facebook, che raccoglierà migliaia tra like, cuori e messaggi di affetto in molte lingue, che il loro destinatario non vedrà mai. Non ha voluto denaro, e questa volta ci credo.<br />
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La pagina del sito di Soi Dog negli anni ha perso romanticismo, è diventata sbrigativa e ora assomiglia a quella di molte altre organizzazioni simili. Rimane però una realtà diversamente eccezionale: la quantità di aiuti, collaborazioni, pubblicità, eventi, donazioni e adozioni che queste persone riescono a concentrare è impressionante. Leggendo attentamente i link, guardando i video, le foto e le storie (qui il <a href="http://www.soidog.org/en/soi-dogs-the-movie/">film di Soi Dog</a>), credo che molti di coloro che vogliono aprire un'organizzazione simile troverebbero qualcosa da apprendere.<br />
E se una volta dovesse capitare di passare da Phuket, per caso o apposta, com'è stato per me, questa gita può essere davvero interessante, non solo per chi ama gli animali.<br />
I viaggiatori di ritorno in Occidente, disposti ad accompagnare cani che hanno avuto una vita in molti casi più avventurosa della loro, sono sempre i benvenuti.<br />
<a href="http://www.soidog.org/">www.soidog.org</a><br />
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<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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Qua invece ci sta la sede della polizia a cavallo, altro mestiere duro, eh?<br />
Quella è l'isola del Re, tra gli alberi c'è pure una casa. Ci si facevano portare in barca in due e tornavano indietro sempre in tre o quattro, così poi avevano tanti eredi al trono.<br />
Qua fanno sempre film, ci hanno fatto Star Wars 1, 2, 3... dovevano anche farci lo 007 poi non sono venuti, non so perché.<br />
Mio marito faceva il muratore, poi s'è bruciato un gamba sul lavoro. Io cinque figli tenevo: mica potevo stare a fare niente. Così un'amica mia mi ha comprato questo lavoro, mi ha pure comprato il cavallo e la carrozza. Poi ce li ho restituiti i soldi, sia chiaro, e pure di più.<br />
Sono diventata l'unica donna d'Italia a fare questo mestiere e ora tengo undici nipoti e undici cavalli, uno per nipote. Questo qua è un cavallo da corsa, uno stallone: si chiama Napoleone. Io i cavalli li tratto bene, non li frusto e gli do da mangiare, prima a loro e poi ai figli miei.<br />
Ognuno si arrangia come può e tutti debbono arrangiarsi.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/hSsCXQE9d04/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/hSsCXQE9d04?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div><br />
</div><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-85242761942831893392015-03-10T17:07:00.000-07:002017-04-04T11:38:51.395-07:00Weekend romanzesco ai confini della vecchia Europa<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg0QT4_eGaK-b6YtRfN8b0S7Ja3ApX4B0c2CBGkv6FEYmY7QebchO7spZGp5zrLgTis0Svy2dhag9NyrIypUoJHgP7zYc6gzOwRfrmgLv8moHxL_9G6Hy9VXDwinjoih1hirdYN-tuRS8/s1600/Schermata+2015-03-10+alle+23.18.58.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="mappa mediterraneo" border="0" height="368" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg0QT4_eGaK-b6YtRfN8b0S7Ja3ApX4B0c2CBGkv6FEYmY7QebchO7spZGp5zrLgTis0Svy2dhag9NyrIypUoJHgP7zYc6gzOwRfrmgLv8moHxL_9G6Hy9VXDwinjoih1hirdYN-tuRS8/s1600/Schermata+2015-03-10+alle+23.18.58.png" title="weekend in europa" width="640" /></a></div>
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Se i caffè, i musei e l'architettura - insomma le cose piacevoli ma vagamente prive di vita dei turisti standard - non bastano e sono allettanti quanto un banchetto a stomaco pieno, forse c'è bisogno di una destinazione che pur garantendo certe comodità sia pervasa da un'atmosfera che solo le persone possono creare.</h4>
I margini d'Europa sono ora in preda a un fermento di cui si era persino persa la memoria, così avendo qualche giorno e potendo approfittare di una stagione intermedia, senza turisti ma anche senza gelo, ci sono quattro posti che si possono raggiungere in poco tempo e promettono di essere interessanti, a patto di sapere osservare e ascoltare.<br />
<a name='more'></a><br />
- Il primo potrebbe essere <b>Atene</b>, se si ha la possibilità di essere ospiti di gente locale per poter assistere in diretta, in ogni casa e in ogni bar, al risveglio della Grecia antica, quella delle dispute culturali sui termini e sui valori. L'atteggiamento è cambiato, tutti si rivolgono agli altri in modo diverso, ora. Soprattutto è cambiato l'atteggiamento nei confronti dello straniero, turista pagante o meno: i greci non accettano più di svendersi e si sono improvvisamente ricordati di avere inventato parole come dialettica, politica e soprattutto democrazia. Nessuno si illude, ma tutti sono determinati.<br />
Come fa un popolo a prendere coscienza e dignità in modo così improvviso e definitivo? Domanda che dovrebbe interessare ogni italiano, che ci mette 15 anni a recepire e a mettere in pratica qualunque novità. La risposta è là, ma non al giro guidato del Partenone.<br />
- Il secondo posto è l'<b>Albania</b>: per chi non ci avesse fatto caso, gli albanesi non sbarcano più in Italia da un pezzo. Quelli che lavoravano come manovali sono tutti rientrati in patria. In Italia sono rimasti solo gli imprenditori albanesi di successo e i delinquenti che si sono trovati bene. Nel frattempo 20.000 italiani, quasi tutti laureati, hanno trovato lavoro in una nuova <b>Tirana</b> completamente ristrutturata e ridipinta a colori vivaci da un premier designer, ex perseguitato politico del vecchio regime e intellettuale di sinistra. La passeggiata di <b>Durazzo</b> è la nuova costa azzurra e il gommone più piccolo ormeggiato è lungo 6 metri, ma è la scialuppa di uno yacht. <b>Edi Rama</b> ha invitato tutti gli imprenditori italiani a investire nel suo paese: 15% di tasse e niente sindacati. Se gli si chiede il perché manchino i sindacati in un paese che si vuole aprire alla democrazia il premier risponde che gli albanesi, dei sindacati, al momento non sentono il bisogno. In Albania sono improvvisamente esplosi gli anni '80 e un imprenditore italiano ha aperto degli studi televisivi grandiosi. Lo hanno già arrestato per evasione fiscale, però. Manco il 15% voleva pagare. In Italia invece lo avrebbero fatto cavaliere del lavoro, vedi a volte le differenze culturali.<br />
Le spiagge albanesi, alcune delle quali ancora perfettamente deserte e prive di infrastrutture, le coste e i tratti di mare dove non sono mai esistiti neppure villaggi locali, aspettano i primi fortunati visitatori, ma bisogna fare in fretta. La cultura e l'arte, in Albania, non sono mai mancate, e cosa ancora più interessante, per molti anni non hanno praticamente subito influenze.<br />
- A <b>Istanbul</b> invece tira un'aria tesa ma i prezzi dei voli sono bassissimi e da lì chiunque può prendere un bus e scomparire. Proprio adesso che alcuni turchi sognavano un posto in Europa, stavano tirando a lucido i monumenti, incentivando il turismo e quasi si stavano dimenticando l'Islam, ecco che si ritrovano tra due fuochi imbarazzanti e non possono più fare alleanze con nessuno. Ci manca solo che la Grecia, ringalluzzita e a caccia di denaro, decida di dichiarare guerra alla Turchia, come ha sempre sognato.<br />
Se si vuole toccare con mano la vera arte del barcamenarsi, dando un colpo alla modernità e uno alle tribù, ma senza finire nei guai, si può sostare tutto il giorno nella hall di un hotel di lusso osservandone i clienti che vanno, vengono e soprattutto lì si incontrano e fanno affari misteriosi.<br />
- Gli scrittori e i veri amanti degli intrighi intenazionali si sono tutti trasferiti a <b>Cipro</b> e siedono al bar del porto con un taccuino in tasca e un binocolo in mano. Ce ne devono essere moltissimi, perché anche in bassa stagione non si trova una stanza libera. Alcuni turisti maschi di mezza età si sono dovuti adattare a passare la loro giornata in costruzioni abbandonate o ancora da terminare, arredate alla buona: qualche branda, molta apparecchiatura tecnologica e un sacco di valigette con antenna incorporata. In altre zone solitamente poco frequentate dell'isola c'è comunque affollamento, devono essere surfisti: tutti giovani, muscolosi, con i capelli corti e molti tatuaggi. Bevono vodka e si aggirano annoiati per le spiagge deserte, guardando l'orizzonte, forse aspettano che cambi il tempo: vai tu a sapere qual'è la stagione turistica ideale secondo i siberiani della Transnistria abituati al clima della Cecenia.<br />
Cipro in questo momento è un posto interessante soprattutto per le donne single, visto che attualmente sull'isola il rapporto numerico donne/uomini è di 1/50. Sempre che piaccia il tipo un po' rude, ma capace di smontare un mitra in pochi secondi, col quale è consigliato instaurare un rapporto basato sul carpe diem.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiikzBcfnSN6s4-DQfkWPj3yhJxHBJgFYzOG-H9YlLgb5qJrn_EThNK-xxqwJdliO9z9Y13uwH9jVjlCvTlVOYeoRpcPAEKJ3ElDXa3Uvk5VtQpjqvg94wa63DAz9JJjWTEbAdQZPZnkis/s1600/10445927_587599158007607_7927510406220756363_n.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="muso leone" border="0" height="422" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiikzBcfnSN6s4-DQfkWPj3yhJxHBJgFYzOG-H9YlLgb5qJrn_EThNK-xxqwJdliO9z9Y13uwH9jVjlCvTlVOYeoRpcPAEKJ3ElDXa3Uvk5VtQpjqvg94wa63DAz9JJjWTEbAdQZPZnkis/s1600/10445927_587599158007607_7927510406220756363_n.png" title="Africa leoni" width="640" /></a></div>
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Vuoi fare un safari fotografico e immortalare i big five? Niente di più facile, basta andare in una “Game reserve”. Il nome già ti spiega tutto.</h4>
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Avevi lasciato le bave dietro alle migliaia di documentari che ti mostravano elicotteri che si alzano in volo, veterinari che sparano anestetico da grandi distanze con un fucile tecnologico, e rangers armati (casualmente tutti africani) che perdono la vita quotidianamente per difendere l’elefantino? C’è tutto, non ti preoccupare: finirai in quell'esatto posto, che è sempre lo stesso, sia per fare i documentari che per fare turismo. Si tratta di grandi zoo all’aperto, creativamente chiamati "photographic areas" dove i leoni sono nutriti con carcasse comprate e le scene di caccia che vedi sono il loro passatempo del weekend. E qui stiamo parlando di leoni “in the wild”.<br />
<a name='more'></a><br />
Se invece vuoi coccolare il cucciolo e dargli il biberon, hai ancora più possibilità: intere fattorie tengono leoni in recinti e li fanno accoppiare, strappano loro i cuccioli perché tu ci possa giocare pagando cento euro al giorno. Quando i cuccioli sono grandi, vengono liberati in un piccolo parco, dove c’è un ranger che li segue e li indica a dei simpatici “turisti” che hanno appena pagato migliaia di dollari per arrivare lì, venire dotati di fucile vero e sparare a casaccio, per poi farsi una foto in ginocchio di fianco al cadavere: c’è gente che si spara sui piedi pur di colpire con una rosa di pallini un fringuello grosso come una noce, credevi non ci fosse gente disposta a fare pazzie per sparare a un leone, bello, senza una cicatrice e con la criniera cotonata?<br />
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In mezzo a tutto questo ci stanno i terribili “Poachers”: brutti africani cattivi che ogni tanto ammazzano un leone per conto loro in quello che sarebbe il loro territorio e lo vendono tenendosi il soldi, 'sti profittatori. E pensare che è fatto tutto per salvare loro e la terra meravigliosa in cui vivono: possono lavorare nelle riserve per difendere la natura e il diritto al turismo del loro Paese e farsi ammazzare eroicamente dai cacciatori di frodo, che sono loro compaesani. </div>
<div>
Insomma, come solito, ‘sti negri non sanno da che parte stare e fanno confusione, quando sarebbe tutto semplice: io bianco colonizzatore di antica famiglia possiedo un terreno grande come la svizzera ok? L’ho pagato, al governatore corrotto del tuo paese, che se è corrotto non è colpa mia, è della tua razza, vedi un po’ tu. Nella MIA riserva proteggo la wildlife, che è tanto carina e tu, se sei bravo ubbidiente e affidabile, puoi aggiustare i recinti elettrificati, puoi scavare buche, spolpare carcasse, persino portare un’arma. E pure ti pago, pezzo d’ingrato. Come se non bastasse ti mostro un’idea di business che alla tua razza non verrà mai, neppure in cento anni: portare bianchi ebeti in giro con un Range Rover a “guardare”, sì “guardare”: a loro piace, pagano per questo. Pagano persino per faticare: una media di 1000 dollari a settimana per dormire in baracche e fare campeggio nella savana, con la speranza di sentire una iena che ulula dietro la tenda. Gli si racconta che è questione di settimane e i leoni saranno tutti estinti, per colpa di tutti quei cattivi che ci sono fuori dalla riserva. I rinoceronti sono oramai scomparsi e gli elefantini, poveri, tutti orfani. E loro piangono e mollano giù anche dei soldi extra.<br />
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Nella suite per gli ospiti, costruita sulla collina a fianco della villa maestosa dell’antica famiglia di colonizzatori naturalisti, a farsi una doccia calda e prendere il tè, servito da cameriere con la crestina e i guanti bianchi, proprio come nei film, ci sono gli amici di famiglia: tutti attori americani famosi. Loro stanno conducendo delle campagne generosissime per la salvaguardia di questi… cosi pelosi: si fanno filmare mentre allattano le galline, piangono e ti scongiurano di comprare questo acquerello di una loro amica artista sensibilissima, che ritrae il deretano di un ippopotamo che scompare nel verde, e che è stata una geniale e ponderata idea artistica per sensibilizzare l’opinione pubblica.<br />
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Ti ho mentito, i leoni liberi esistono ancora: alcuni, come i cincillà, sono scappati dai recinti mentre la loro padrona era in Texas a fare conferenze e ora fanno vita grama, attaccandosi malattie come gatti randagi. Ce ne saranno almeno 100, in Africa occidentale. </div>
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Alla richiesta di un gruppo di ricerca che chiedeva di poter osservare per un certo periodo i leoni “in the wild”, questa è la risposta del responsabile di una Ong dedicata alla salvaguardia dei maestosi felini in Africa (Kenya? Mah, la mappa non è chiara):<br />
<i>“What about if you stay at a place where there is hand raised lions to observe them as you will spend a lot more time with them. To be honest, we very rarely see Lions where we work due to the scarceness' of them and them running away from us. We see them only from far and only every now and then, not everyday.”</i><br />
Traducendo: “Perché non andate in un posto dove allevano leoni a mano a osservarli, che spendete più tempo con loro? A essere onesti noi vediamo leoni raramente a causa della loro scarsezza e loro scappare via da noi. Li vediamo solo da lontano, ogni tanto, non ogni giorno”.<br />
La grammatica non è il pezzo forte di questi signori: loro hanno ben altro da fare che preoccuparsi di scrivere o capire cosa leggono. Chissà di cosa si occupano però, visto che postano sul web decine di foto di leoni al giorno.<br />
<br />
Il ricatto morale che questa gente sta facendo a tutto il mondo è oltraggioso: se vuoi che almeno sulla carta e in fotografia, qualche animale semiselvaggio esista ancora, ci devi lasciare fare quello che vogliamo. Altrimenti, se ci fai chiudere, non ce ne sarà proprio più nessuno. </div>
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D’altro canto era ridicolo pensare che in Africa, dove da secoli si sfrutta ogni cosa, gli animali fossero salvi dalla speculazione. Ma nel caso ti venisse il dubbio, sappi che è tutta colpa dei cinesi, che comprano ossa e ne fanno stupide medicine per creduloni: sono loro che stanno rovinando il mondo.<br />
<br />
Non c’è nulla da fare: i leoni della savana sono come Peter Pan, esistono solo nella fantasia. E aprire un centro per la loro salvaguardia richiede più raccomandazioni e conoscenze che aprire un bagno attrezzato sulla spiaggia di Rimini.<br />
1) Le leonesse sono trasformate in macchine da riproduzione: una volta esaurite, sono destinate al diventare prede da trofeo per cacciatori paganti oppure uccise per il traffico di ossa verso l'Asia.<br />
2) I cuccioli sono sottratti alle madri appena nati per diventare attrazioni da strada o all'interno dell'allevamento stesso, per i turisti che vogliono giocarci.<br />
3) I cuccioli di femmina sono spesso anche eliminati perché non adatte alla riproduzione in quanto nate da incroci di consanguinei troppo stretti e perchè come adulte non rappresentano comunque un trofeo sufficientemente ambito<br />
4) Gli allevatori si pubblicizzano come centro di recupero e attraggono inconsapevoli volontari, che pagano cifre esorbitanti per il privilegio di nutrire e occuparsi dei cuccioli, credendo di fare qualcosa di utile per la loro sopravvivenza.<br />
5) Una volta troppo cresciuti per essere tenuti in braccio, i giovani, abituati agli umani fin da piccoli, sono usati per un'altra forma di attrazione turistica: la "passeggiata con i leoni".<br />
6) Una volta sub-adulti, i leoni sono rinchiusi in gabbie affollate dove vivono in condizioni atroci.<br />
7) Una volta adulti, se adatti a diventare un trofeo di caccia, sono liberati in piccole aree recintate da dove non hanno modo di scappare e sono facilmente individuabili. Spesso drogati per rendere la caccia ancora più facile, sono uccisi dai "turisti cacciatori".<br />
8) La loro testa viene imbalsamata e venduta a parte, mentre le ossa sono vendute per il mercato asiatico della credenza e superstizione popolare, che ne fa "afrodisiaci" o "medicine".<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiktmwHqx0A3n_vRtAmSmX88ThHuDelRzSEVNsh_sSDP6FwQ2TQn9OvnUO5xrLFtJqVuNEFWG2Ym1kZvY-D8KIh7KCHYpweiChe0WyZ8AU2sAP04Q7EQDNpoktS_MUVe09MqYPkqqdtoLc/s1600/canned.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="435" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiktmwHqx0A3n_vRtAmSmX88ThHuDelRzSEVNsh_sSDP6FwQ2TQn9OvnUO5xrLFtJqVuNEFWG2Ym1kZvY-D8KIh7KCHYpweiChe0WyZ8AU2sAP04Q7EQDNpoktS_MUVe09MqYPkqqdtoLc/s1600/canned.jpg" width="640" /></a></div>
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width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-54044490129638526842015-01-18T12:22:00.001-08:002017-04-04T11:36:15.737-07:00Salerno come Treviso<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUfHDurhuYkJHHsdcETICP6CNQcIclz7_bJZmS28bJssAy9vRtM_M4py8t7rGTM5362EFZRO7-QzLe6DKFquncl50qYyZfIsrvT0Ns-hcXr8j2oJZ6e2PwqWHXZTBN_Fy16fjqvf395RE/s1600/20131112_171722.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="luci di plastica riciclata" border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUfHDurhuYkJHHsdcETICP6CNQcIclz7_bJZmS28bJssAy9vRtM_M4py8t7rGTM5362EFZRO7-QzLe6DKFquncl50qYyZfIsrvT0Ns-hcXr8j2oJZ6e2PwqWHXZTBN_Fy16fjqvf395RE/s1600/20131112_171722.jpeg" title="Salerno" width="400" /></a></div><h4>Affacciata su una baia protetta da un promontorio, Salerno era bella di suo, fino a quando negli anni sessanta la speculazione edilizia che era in voga praticamente in tutta Europa, non si lasciò dietro brutti palazzoni sbiaditi e zone periferiche fantaindustriali che col tempo finirono come dovevano finire: abbandonate e in costante suppurazione.</h4>Recentemente, a rimboccarsi le maniche, ci ha pensato un sindaco che forse è un eroe, forse ha usato trucchi speciali o forse è soltanto una persona di buon gusto che non perde tempo, fatto sta che è riuscito a far risorgere questa cittadina dalle sue ceneri e a renderla una delle mete turistiche attualmente più richieste d’Italia.<br />
<a name='more'></a><br />
Il centro storico di Salerno è piccolo, ovviamente antichissimo e adesso pulito e ben illuminato, lucido come il centro di Treviso. Non vola una carta e bar e negozi sono tutti molto eleganti, come le persone che vi passeggiano sorridenti. Girovagare per i vicoli ricchi di atmosfera è affascinate e per ogni costruzione degna di nota (quindi ogni 10 metri) c’è una targa che ne racconta brevemente la storia. I restauri ben fatti hanno visto collaborare associazioni culturali e università verso un obiettivo sincero e appassionato.<br />
Affinché il restauro del centro non fosse fine a se stesso, diventando un’estemporanea quanto sterile esibizione, e anche per aiutare la vivacità culturale della città a tornare agli antichi fasti, il sindaco continua ad avere buone iniziative, che si aggiungono periodicamente a “illuminare” il tutto: una colonia di pinguini di plexiglass si accende al tramonto e trasforma la triste barriera di scogli artificiali a protezione della città in un monumento commovente. Le luci natalizie appese per le vie, sono una mostra volante di quali miracoli possano fare degli artisti capaci, con pezzi di plastica riciclata. Al lungo mare è stato lasciato il suo aspetto ottocentesco, di palme e palazzi rosati le cui finestre si affacciano placidamente sul panorama dei privilegiati. Ogni cosa è stata studiata pensando soprattutto alla conservazione dell'atmosfera.<br />
La zona popolare con i suoi casermoni c’è ancora, non si poteva certo radere al suolo, e così la stazione marittima a poche centinaia di metri dal centro, con le sue casette diroccate in cemento e i binari di chissà quale linea commerciale sepolti dalle erbacce. In questo contesto però, dove tutto è stato amorevolmente recuperato e spolverato, anche queste aree si arricchiscono a loro volta di un fascino storico che rappresenta concezioni passate di spazio e distanze, e che induce a notare sopra ogni altra cosa, il loro ineguagliabile pregio di esistere, per quanto brutte o dimesse, a pochi metri da uno degli spettacoli più irrinunciabili: il mare.<br />
<div class="MsoNormal"><o:p></o:p></div></div><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-57919395266136883812014-12-28T03:30:00.000-08:002017-04-04T11:42:04.826-07:00L'atollo di Diego Garcia: chi ci è andato?<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIAVjHxNJy2KAXtRWhSQq9-c6O_xlxdvpwz4CEisvRw49vx_5v1lxDF07_BON_Sl6CM8UbIoxnLp8loG3evDWFOTcqn4Ge4sfLHmmcG01LHCKQS2LR7McjY2krl5PFRjY7cGz3H90fB3c/s1600/Schermata+2014-12-28+a+11.00.56.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="atollo mare" border="0" height="340" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIAVjHxNJy2KAXtRWhSQq9-c6O_xlxdvpwz4CEisvRw49vx_5v1lxDF07_BON_Sl6CM8UbIoxnLp8loG3evDWFOTcqn4Ge4sfLHmmcG01LHCKQS2LR7McjY2krl5PFRjY7cGz3H90fB3c/s1600/Schermata+2014-12-28+a+11.00.56.png" title="diego garcia" width="640" /></a></div>
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<h4 style="text-align: left;">
Mistero dei misteri, qualcuno da là qualche volta legge questo blog. Meno male, perché così ho scoperto questo posto remoto, nel mezzo del nulla, ma militarmente al centro di tutto, che è il <b>British Indian Territory</b>, dove c'è un fantastico atollo che racchiude una laguna spettacolare. </h4>
<a name='more'></a>C'è anche una strada asfaltata e perfettamente tenuta che lo percorre per tutta la sua lunghezza.<br />
Qualche record mondiale in fatto di dimensioni, particolarità della flora, pesci endemici e via dicendo. Ci anche tutti i comfort: ospedale, parrucchiere (gratis), ristoranti di pesce fresco (ci mancherebbe), fantastiche casette con giardino tropicale. Poi c'è anche una base navale, una per sottomarini scavata nel corallo, un aeroporto militare, un deposito di armi nucleari, tante Jeep e tanti bei ragazzoni muscolosi con i capelli a spazzola.<br />
Sul web si trovano molte fotografie di gente che laggiù fa windsurf e sci d'acqua, ma a quanto pare non ci sono diving centers e questo è molto strano: <b>Diego Garcia</b> deve essere il più bel posto del mondo dove fare immersioni. Sono quindi andata a controllare sui forum dei divers e ho trovato una discussione interessante: D: "Qualcuno sa perché le immersioni a Diego Garcia sono proibite?" R: "Dalla parte inglese mi hanno detto che qualcuno le può fare, sono gli americani che non vogliono e vanno in giro a controllare che non succeda." D: "E per quale ragione?" R: "Sono americani, non hanno bisogno di giustificare le loro regole".<br />
Inutile cercare i voli per Diego Garcia su Skyscanner.<br />
L'unica è andare a guardarselo su Google maps e cercare di immaginare cosa ci sia esattamente nella zona a nord dell'atollo che risulta offuscata e non mappata.<br />
La storia dell'arcipelago delle <b>Chagos</b> è remota come la loro posizione: forse disabitate nell'antichità (ma quale antichità esattamente? Sono su una placca parecchio movimentata, potrebbero essere comparse e scomparse decine di volte) forse abitate da indigeni arrivati dalle Maurizio o dalle Seychelles, invase probabilmente dagli arabi di Zanzibar, fino ad essere finalmente, gloriosamente conquistate dagli europei, cioè dai Portoghesi, durante il loro periodo di grandezza navale. Dopo è tutta una faccenda di carte e di compravendite tra francesi e inglesi, come spesso accadeva ai tempi.<br />
Nel 1965 gli inglesi comprano questo arcipelago dai francesi in via definitiva, per 3 milioni di sterline. Prendono i 2000 residenti e, tanto per fare una cosa in cui sono specialisti, li spostano contro la loro volontà alle Maurizio, facendone una comunità decadente, che da allora protesta e che da allora rimane semplicemente inascoltata.<br />
Una volta ripulita Diego Garcia, l'unica isola ufficialmente abitabile delle Chagos, gli inglesi l'hanno "affittata" agli statunitensi, fino al 2016.<br />
WikiLeaks sostiene che per impedire agli ex abitanti di vincere qualche causa in futuro e rientrare nei loro territori, la zona sia stata appositamente dichiarata riserva marina totale. Così nessuno ci può pescare e vediamo un po' se questi "Tarzan e Venerdì" hanno voglia di tornarci davvero. Questo impedisce inoltre l'avvicinamento di qualsiasi imbarcazione che non sia autorizzata.<br />
Diego Garcia compare anche nelle voci relative al famoso volo scomparso della Malaysia Airlines e si mormora che sia uno dei "black site" della CIA. I "si mormora" sono infiniti: quello che sembra certo è che ogni investigazione e ogni dossier su eventuali traffici segretissimi, brilli per l'assenza di documentazione riguardo le attività che si svolgono su questo atollo.<br />
C'è anche chi mi ha detto che da lì nessuno ha letto il mio blog, è semplicemente di moda tra smanettoni falsificare la provenienza del segnale del gps, come avrebbe fatto un certo passeggero del famoso volo scomparso.<br />
Chi lo sa.<br />
Diventerà questo atollo un giorno una meta turistica accessibile, coi suoi 29 gradi stabili e la brezza costante? Improbabile.<br />
C'erano dei cani addestrati a pescare, una volta. Pare siano stati tutti chiusi in un recinto e gasati con gli scarichi delle Jeep dopo la deportazione dei loro padroni.<br />
C'era persino un asino (importato) che beveva dalle bottiglie di birra (indovina di chi). C'era una piantagione di cocco; un pesce-martello gigantesco vagava nel mare.<br />
Chissà cosa c'è negli abissi intorno a Diego Garcia. Chissà com'è il cielo là e che cosa ha visto. E chissà se qualcuno lo guarda quel cielo, alzando la testa, socchiudendo gli occhi e annusando il vento, così, tanto per fare, ogni tanto.<br />
<br />
<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
<br />
<br />
<b>Una testimonianza in italiano sulla storia dell'atollo di Diego Garcia da "Il Manifesto" del 2004:</b><br />
<a href="http://www.nodalmolin.it/La-sconvolgente-storia-di-Diego#.VJ_SncACTs"><b>http://www.nodalmolin.it/La-sconvolgente-storia-di-Diego#.VJ_SncACTs</b></a></div>
<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-5248940576165352752014-11-16T09:51:00.000-08:002017-12-14T12:05:11.446-08:00Viaggiare in Australia: il modo migliore e più economico <div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgI-OhNEl32glCXJm-IELcFueLXxo199oafcLKgC5lvXgbEmSoVmUicmxNThFu_cCaug4B7kCzW7hnOS1ZFhZaL8TUSGGl_G69d55am7guYQfC_2Kkk3YxyYYrpo6hhfkK79SLtPJq65qM/s1600/IMAG0026.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Auto con tenda" border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgI-OhNEl32glCXJm-IELcFueLXxo199oafcLKgC5lvXgbEmSoVmUicmxNThFu_cCaug4B7kCzW7hnOS1ZFhZaL8TUSGGl_G69d55am7guYQfC_2Kkk3YxyYYrpo6hhfkK79SLtPJq65qM/s400/IMAG0026.JPG" title="Viaggiare in Australia" width="400" /></a></div>
<h4>
Affittando un caravan: il costo è di circa 40 euro al giorno più la benzina. Deposito di 1000 dollari circa. Richiesto foglio per guida internazionale da procurarsi prima della partenza.</h4>
<a name='more'></a>Guida a sinistra, cambio automatico.<br />
Le strade sono poco trafficate, dritte e ben tenute. Il paese è tra i più sicuri al mondo e questo modo di viaggiare è il più diffuso: ci sono aree di sosta attrezzate dislocate su tutto il territorio e ci si può fermare in campeggi /ostelli per circa 15 euro a notte.<br />
La vita del caravan richiede una certa adattabilità, ma è forse l’unico modo per visitare un paese che in pratica non ha nessun tipo di trasporto pubblico: i treni sono pochi, cari e lentissimi, gli autobus sono scomodi e quasi altrettanto lenti. Volare da una città (brutta) all’altra, può costare anche 1000 dollari, a meno di non aspettare le offerte last minute e prendere la destinazione che capita. Una volta arrivati però, il problema mobilità si ripresenta: una gita fuori porta senza un mezzo proprio è praticamente impossibile e i taxi hanno prezzi stratosferici. Per quanto l’idea di stare in albergo possa sembrare riposante c’è da considerare il fatto che limita i movimenti o costringe a faticosi tour organizzati, se si vuole vedere qualcosa. Il caravan finisce quindi per essere anche l’opzione più comoda.<br />
I caravan in affitto più diffusi nel Queensland e nel New South Wales sono i Jucy <a href="http://www.jucy.com.au/">www.jucy.com.au</a><br />
Per i più sportivi, il sito di Jucy, così come molti altri, offre anche il “caravan relocation“, cioè la possibilità di riportare alcuni caravan alla base di partenza, partendo da un’altra città, con una spesa di 1/5 dollari al giorno (1000 di deposito) e benzina pagata. Le offerte di relocation si trovano sui vari siti ( vedi anche <a href="http://www.gumtree.com.au/">www.gumtree.com.au</a>) con poco preavviso, e le tratte sono solitamente quelle tra le città più frequentate: Cairns, Brisbane, Sidney, Melbourne. Il tempo per il trasferimento è limitato ma accettabile: da Brisbane a Sidney per esempio Jucy concede tre giorni di tempo e la distanza è di circa 900 chilometri su strada veloce. <br />
L’Australia è grande 24 volte l’Italia, ma è poco affollata, con 22 milioni di abitanti distribuiti nelle aeree costiere. L’interno è pressoché deserto e in parte ancora inesplorato: nel Maggio del 2013 è stata scoperta una tribù di aborigeni che non avevano ancora avuto contatti esterni. Questo fa dell’Australia un paese singolare, dove gli insediamenti di modernità e agiatezza possono interrompersi bruscamente.<br />
Le condizioni meteo non sono prevedibili con precisione, inutile guardare su internet: in Australia “giornata di sole” significa soltanto che non piove e “stagione secca” significa che non è periodo di cicloni. A Giugno e Luglio le temperature notturne si abbassano di molto a sud e restano moderatamente caldi solo i territori del nord, al di sopra del tropico del Capricorno. <br />
Per viaggiare in auto è sempre necessaria la mappa cartacea: nelle zone disabitate, compreso Cape Tribulation, i cellulari sono inutilizzabili. Spesso l’Outback inizia a pochi chilometri dalla città, andando verso l’interno: le case e le auto spariscono di botto, si incrociano pochi automezzi, tutti con 4 ruote motrici, sistema di raccolta e filtraggio acqua piovana, vano per le taniche di carburante di scorta e grossa antenna radio. I punti di rifornimento si limitano a esporre il cartello “coffe fuel food”, sono pochi e molto spartani: quando se ne trova uno è meglio approfittarne e comunque addentrarsi nell'Outback alla chetichella è da folli.<br />
Chi viaggia in Australia per alcuni mesi spesso sceglie di acquistare un mezzo di trasporto con l’intenzione di rivenderlo una volta finita la vacanza: le pratiche burocratiche necessarie sono poche e gli automezzi possono essere venduti solo se revisionati, quindi l’acquisto è abbastanza sicuro. C’è vasta scelta di mezzi (soprattutto 4wd con tenda su portapacchi) ma proprio per questo rivendere il mezzo può richiedere tempo, cioè qualche settimana.<br />
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Attenzione alle strade nei parchi subtropicali: in stagione umida possono non essere praticabili e c'è assolutamente bisogno di un 4x4. Le zone costiere del nord, da Cairns a Darwin, sono le più interessanti dal punto di vista naturalistico, mentre la strada centrale cha va da sud a nord attraversa il deserto. Prepararsi a vedere molti animali investiti lungo la strada principale, e non si parla soltanto di piccole creature sfortunate, ma di: cavalli, bisonti, cammelli. Per questo motivo i tir hanno i respingenti ed è meglio non viaggiare di notte. La carne di canguro che ci si precipita ad assaggiare appena arrivati in Australia arriva proprio dalle strade: i canguri sono numerosi, alcuni arrivano a due metri d'altezza, si muovono in branco e tendono ad attraversare le strade all'improvviso e tutti insieme. </div>
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La civiltà in Australia finisce all'ultima rotonda prima del bush: se prima sembrava America moderna, ora è il selvaggio West dei cow-boys: aggiungici la giungla e il deserto e ti sei fatto un'idea. Rimanere senza acqua o senza benzina non è cosa da ridere: con così pochi abitanti che viaggiano principalmente lungo l'autostrada costiera, le strade interne possono rimanere deserte per giorni</div>
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Le distanze sono maggiori di quelle che gli europei roescano a concepire, per quanto si sforzino, finendo spesso per sottovalutarle a loro spese: la distanza Sidney-Darwin equivale a Roma-Oslo andata e ritorno, e in mezzo c'è solo Alice Springs. No, non ci sono piccoli villaggi non segnati sulla mappa: non c'è niente davvero.</div>
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Una bussola vecchio stile da tenere sempre con sé potrebbe essere una buona idea.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo-_4O-Oqpia82LCN9936oDUUcuv0RQnFhEZ0jUllxSSqrSKYcB0bJTzjQ08NStk-mVm3bkC3GlB2Hf6YJN9U8MG8NWdijbarYrNReeZsHEVMJ0-bMGmHBCBF0BEKB6EUGDp1hhueS3Ug/s1600/Cover-3d+naxos.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1069" data-original-width="760" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo-_4O-Oqpia82LCN9936oDUUcuv0RQnFhEZ0jUllxSSqrSKYcB0bJTzjQ08NStk-mVm3bkC3GlB2Hf6YJN9U8MG8NWdijbarYrNReeZsHEVMJ0-bMGmHBCBF0BEKB6EUGDp1hhueS3Ug/s320/Cover-3d+naxos.png" width="227" /></a></div>
<i>La sottile crosta di rocce laviche non resistette al calore e ai movimenti del magma sottostante: si frantumò e scomparve nell’enorme crepaccio, sprofondando per quarantamila metri verso il centro della Terra.</i><br />
<i>La pressione delle masse soprastanti e il calore altissimo fusero le rocce e le trasformarono in minerali nuovi.</i><br />
<i>Quando il territorio riemerse era diverso, una dorsale di montagne e di vulcani lo percorreva e nuovi strati continuavano a formarsi e a scontrarsi, sovrapponendosi: stava nascendo il complesso Atticocicladico, un’unica terraferma che si estendeva dall’attuale Grecia continentale alla Turchia. </i><br />
<i>Milioni di animali preistorici, che camminarono su questa terra, sono ora polvere e pietra, sul fondo del mare che a un certo punto riempì le valli, lasciando emergere soltanto i picchi delle montagne più alte e trasformandoli in isole.</i><br />
<a name='more'></a><br />
Il mare Egeo continua a salire in alcuni punti: in tempi in cui già esistevano le prime civiltà preistoriche, Naxos, Paros, Antiparos e le Piccole Cicladi erano unite tra loro da lingue di terraferma. <br />
L'isoletta di Palatia davanti alla Chora* di Naxos era collegata alla terraferma da una striscia di sabbia fino a due secoli fa.<br />
Osservando oggi una mappa delle Cicladi che mostra in diverse tonalità di azzurro la profondità del mare, è possibile individuare quali fossero le zone che col tempo sono finite sott’acqua. I bassi fondali dei bracci di mare limpido che oggi dividono queste isole lasciano a volte intravedere antiche rovine sommerse. <br />
<br />
Le rovine: giusto nome. Nulla può rovinare un progetto più di una rovina. In Grecia non c’è scavo, di fondamenta per una casa nuova, d’interramento di cavi elettrici, anche sottomarino, che non porti alla scoperta di un passato che può bloccare ogni progresso, a danno di chi, vivente e non certo in eterno, ha investito del denaro. Così, a volte, le scoperte archeologiche sono tenute nascoste, come ben sanno gli operai e i muratori di ogni provincia remota e anche i vecchi pescatori dell’isola di Donoussa, quasi tutti senza un braccio per via dell’abitudine alla pesca con l’esplosivo, che ha probabilmente distrutto immensi tesori: nel corso degli anni molti frammenti preziosi sono rimasti incastrati nelle reti a strascico e prontamente restituiti all’omertà del mare. <br />
Naxos e i suoi dintorni furono floridi e sicuramente popolati fin dal quarto millennio Avanti Cristo, rendendola una delle isole più vissute del mondo. Si narra che sia sempre stata una terra particolarmente accogliente, ricca e fertile, ove le genti prosperavano più che altrove. Se Atlantide è esistita, avrebbe potuto trovarsi in una valle tra Naxos e Santorini, o forse intorno a Delos, protetta dal vento e graziata dall’abbondanza, dove in tanti poterono dedicarsi all’osservazione e alla conoscenza, poiché non vi era da strappare magro cibo alla terra. Il mare l’ha coperta, un immane tsunami forse l’ha divelta dal suo stesso sogno e ora osserva il mondo da sotto, dove tutto è scuro e silenzioso, mentre i traghetti scivolano sulla superficie di ogni cosa, ignari, trasportando nuove genti di terre lontane. <br />
Tra queste genti non tutti sono semplici turisti. Alcuni portano con sé attrezzature da sub molto sofisticate e ben stipate in piccoli caravan autosufficienti, che saranno parcheggiati all’ombra discreta di qualche cedro, nei pressi di spiagge deserte. Altri arrivano da lontano e fanno una sosta in Svizzera per degli acquisti particolari: piccoli attrezzi da scavo pieghevoli, in leghe leggere e pregiate. Poi saltano con i loro zaini appesantiti sul treno panoramico che attraversa le Alpi e poi ancora su una nave che salpa dalle coste italiane. Un pellegrinaggio lungo, o forse una simpatica crociera, fatto sta che arrivano in Grecia senza mai dover passare attraverso un metal detector. <br />
Approdare a Naxos è sempre impressionante, per quante volte uno l’abbia già fatto: una baia ampia e frastagliata tra due grandi isole, montagne maestose in lontananza, un grappolo di basse costruzioni bianche dagli angoli smussati, incastonate nella collina in modo particolarmente vivace e aggraziato. In cima alla collina un castello medievale e sulla piccola isola di Palatia, un <a href="https://www.google.it/search?q=palatia+portara+naxos&tbm=isch&ei=i1_fU8rcO8bB7AafuICQCw">portale</a> di marmo gigantesco: è orientato in direzione del tempio di Apollo di Delo e da millenni è la cornice di un grande affresco cangiante, di mare, cielo, albe e tramonti spettacolari. <br />
Il porto è ai piedi della Chora e una fila di locali affacciati sull’acqua sono in lieta attesa di fornire ristoro ai viaggiatori affaticati. Basta aspettare che si apra il “ponte levatoio” di questa grande nave-cittadella tecnologica, manovrata con la destrezza scaltra e a volte creativa dei capitani più esperti del mondo, che nei giorni di bonaccia possono giocare a lanciare un traghetto contro la passeggiata del porto dell’isola di Syros, per poi sterzare all’ultimo minuto, sollevare un muro d’acqua spaventoso, e “parcheggiare” con grande precisione in “retromarcia”. I baristi del porto di Syros scuotono la testa con una certa ammirazione, mentre i turisti si rovesciano tremanti il caffè sulla maglietta, assistendo impotenti alla corsa del Titanic in rotta di collisione proprio con il loro tavolino. <br />
Son emozioni. E ad approdare a Naxos, sono proprio tante: la luce, l’aria, i gabbiani, il rumore sordo dei motori e l’acqua che ribolle, mentre si scende a terra e ci si ritrova improvvisamente piccoli e pesanti, davanti a quest’isola immota e imponente. <br />
Nell’affrettarsi lungo il molo con i bagagli, pochi si accorgono che il piccolo semicerchio di massi a pelo d’acqua sulla sinistra è ciò che rimane di un altro molo, quello che avevano costruirono i Micenei quattromila anni fa. Dritto in fondo, intrappolata tra l’ufficio degli autobus e i resti cadenti dell’Hotel Okeanis, c’è invece la piccola chiesa cattolica di S. Antonio, voluta dai Cavalieri di Malta, ove il pellegrino poteva recarsi a rendere grazia per essere sopravvissuto alla traversata. La porta di questa chiesa è chiusa da tempo. Ma per ben quattro volte, negli ultimi quindici anni, qualcuno vi ha lasciato comunque un omaggio: un’antica moneta azteca. <br />
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*Chora: capitale dell’isola, che in molti casi ha il nome dell’isola stessa.<br />
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<i>Brano tratto da "Sul'isola di Naxos c'è un tesoro" di <a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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Guarda la fotografia, togli il molo di cemento. Trent’anni fa c’erano solo rocce. Cancella la maggior parte delle case. Era così.</h4>
Dietro la torre abitava una bambina che aveva cresciuto un gabbiano; lui, nei giorni senza vento, tornava a volare in cerchio sulla sua casa, chiamandola con un verso speciale. Lei usciva di corsa e stendeva le braccia verso il cielo; il gabbiano allora lanciava un ultimo grido, chiudeva le ali di colpo e si tuffava in picchiata nell’abbraccio.<br />
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C’erano due bar ed erano in concorrenza maligna. Ricordo che in uno di questi, gestito dalla famiglia prepotente del luogo, i frigoriferi erano tenuti a temperatura quasi ambiente, per risparmiare sulle bollette, e i gelati si scioglievano nelle vaschette sporche. Il bar è ancora lì, ho controllato sul web, e dalle recensioni sembra ancora gestito dalla famiglia brutale e spilorcia di allora.<br />
La Domenica, i ragazzi del posto partivano per una gita di qualche centinaio di metri, superando la spiaggia grande per raggiungere le calette di sabbia e scogli su cui camminavano decine di polipi. Con una sporta piena di pane e limoni, armati di coltello e cinture da sub, s’immergevano qualche metro in apnea e staccavano con fendenti abili le invisibili ostriche larghe e piatte che aderivano alle rocce coperte di muschio chiaro. Poi tutti a fare merenda. Le cozze, eh, acqua troppo pulita, crescevano poco. Fluttuavano in piccoli grappoli nerissimi e lucenti, senza neppure un’incrostazione, ma erano grosse come noccioline: non ne valeva la pena.<br />
Al molo, che era soltanto un palo di cemento, erano ormeggiate le barche dei pescatori e quelle dei mitici corallari.<br />
Avevamo chiesto ai pescatori di poterci unire a loro per un’uscita in mare: partiti all’alba e calate le reti, i pescatori si erano messi saggiamente a dormire in coperta mentre noi eravamo rimasti sul ponte a galleggiare sotto il sole, cercando di reprimere i conati di vomito che un beccheggio così può procurare anche al più duro dei marinai. Poi c’era stato il recupero delle reti pesanti e taglienti, piene di aragoste, di grossi sgombri lucidi troncati a metà dal morso di altri pesci di passaggio, piccole razze dalle bocche spalancate rivestite di denti triangolari e inquietanti esseri gelatinosi degli abissi. <br />
Avevamo voluto fare la vita dei lupi di mare, perciò ci ritrovammo a “curare le aragoste”: i marinai ce le tiravano, queste facevano un breve volo nell’aria da poppa a prua, agitando le chele; noi le afferravamo, vive e bagnate, e avevamo l’ingrato compito di staccare loro le chele più grosse a morsi affinché non si "rovinassero" l'un l'altra nel secchio in cui finivano ammucchiate.<br />
Le chele staccate, i pezzi di pesce mangiati da altri pesci e alcuni animali poco smerciabili finirono per essere la nostra paga, trasformata in una Zuppa Gallurese indimenticabile.<br />
I corallari di Isola Rossa erano famosi in tutta la regione e qualcuno di loro era anche diventato ricco. Era il corallo, che non c’era più, e per trovarne ancora bisognava scendere sempre più in profondità, anche fino a 90 metri. La sera, un po’ come gladiatori sopravvissuti, i corallari arrancavano al bar dopo la giornata di lavoro: gli occhi rossi e febbricitanti, i movimenti lenti, il braccio paralizzato dall’embolia della stagione precedente, bevevano una gazzosa, perché la birra proprio non ce la facevano, e andavano a dormire. Nonostante il rischio altissimo s’immergevano quotidianamente e arrivavano a guadagnare fino a cinquecentomila lire al giorno, per tutta la stagione estiva. Le loro mute, nuove e spesse 9 millimetri a Giugno, si trasformavano in carta velina prima ancora di Settembre, schiacciate dalla pressione di quasi 10 atmosfere.<br />
Anche quella era un’avventura che non si poteva perdere e ci improvvisammo mozzi tuttofare, partendo la mattina con una piccola flotta d’imbarcazioni e molta tensione.<br />
Il più ricco dei corallari si era potuto comprare una piccola camera iperbarica che aveva installato sulla barca, ma gli altri, per dieci minuti di raccolta a 90 metri, dovevano fare la decompressione sott’acqua appesi a una corda per almeno tre ore, a profondità diverse.<br />
Un solo eco-scandaglio in uso alla flotta ci guidò sul bordo di un crepaccio profondo, forse senza fine. Cercai di guardarci dentro con la maschera a pelo d’acqua ed ebbi una sorta di vertigine: sembrava di osservare una montagna dal basso, le cui cime si perdevano in un cielo nerissimo.<br />
Tutte le mie conoscenze su “l’immersione sicura” sembrarono subito ridicole: con la muta che cominciava a smagliarsi, pinne, maschera, bombola, una torcia, un martello e una corda lunghissima legata in vita, i corallari raccolsero un grosso sasso, lo abbracciarono stretto e si tuffarono in fretta, mentre la corda con le tacche si srotolava velocissima vicino alle mie caviglie: 15, 30, 50 metri in pochi secondi, per arrivare subito in fondo, dove era buio e freddo, senza sprecare aria. Alla faccia dei miei sforzi per compensare i timpani ogni mezzo metro: questi qua deglutivano e basta, dovevano avere dei timpani di gomma, quelli che ancora ce li avevano.<br />
Dopo dieci minuti di silenzio, passati in barca a guardare l’acqua immobile, i primi palloni rossi emersero come razzi uno dietro l’altro portando in superficie il loro bottino di corallo raccolto a martellate. Le corde iniziarono a tendersi, mentre i corallari risalivano dei pochi metri concessi, per poi fermarsi lì appesi ad aspettare che il loro corpo si adeguasse alla nuova profondità.<br />
Aiutammo il mozzo a recuperare i palloni e a calare una semplice lavagnetta corredata di gessetto, lungo la corda che aveva strattonato come per suonare una campana. Al secondo strattone recuperammo la lavagnetta: c’era scritto CAMBIO. Una bombola piena venne calata in mare.<br />
A 70 metri di profondità l’acqua ti schiaccia e ti muovi come se ci fosse un uomo in pedi sulle tue spalle. L’aria deve essere succhiata con forza disperata dal boccaglio e basta per pochi secondi, poi devi respirare di nuovo, affannato. Il rantolo sordo del tuo respiro e i movimenti impacciati ti dicono che in quel mondo sei un alieno inadeguato e percepisci l’innaturalità della situazione. La maschera s’incolla alla faccia e ti risucchia gli occhi dalle orbite; ogni pochi minuti il risucchio diventa intollerabile e l’acqua inizia a infiltrarsi: allora devi premere la maschera contro la fronte con una mano e contemporaneamente soffiare forte dalle le narici per svuotarla e ripristinare la pressione. In piscina è facile, ma a quella profondità, se sbagli a gestire il respiro l’acqua ti entra nel naso con la forza di un pugno e tossire con il boccaglio tra i denti diventa molto rischioso. Stare senza respirare è impossibile: i polmoni s’incavano e chiedono aria. Questo per dire che fare un cambio di bombola a 70 metri non è uno scherzo, e guardando la corda che spariva nell’acqua aspettai con ansia che desse cenni di vita.<br />
Tirammo su le bombole vuote e calammo a più riprese la lavagnetta, che ora tornava su con un’altra scritta: AQUA. Un secchio di metallo con coperchio, pieno di acqua calda, fu calato a più riprese: il corallaro di turno versava l’acqua nella muta, cercando di scaldarsi.<br />
Improvvisamente una corda si mise a fare un piccolo movimento sinuoso, ondulatorio. Il mozzo ci scostò brutalmente e si precipitò a recuperare una specie di pistola lanciarazzi nascosta sotto una tovaglia: sparò in acqua, molto vicino alla corda, mentre noi fissavamo la scena terrorizzati. Subito fu calata la lavagnetta che tornò indietro con: ANDATO UN FURGONE!! Il mozzo ci sorrise, era giovane ma aveva la pelle incartapecorita e le rughe intorno agli occhi: – Uno squalo bianco – disse - Ce ne sono sempre di più: entrano nel Mediterraneo seguendo le navi dal canale di Suez e sono giganteschi, mica c’erano dieci anni fa. -<br />
Io pensai al corallaro appeso alla corda come l’esca a un amo, che guardava lo squalo grosso come un furgone avvicinarsi pigramente. - Di solito quando nuotano così in superficie non mangiano, per fortuna. - Così aveva detto il mozzo.<br />
Nel frattempo i corallari erano risaliti di qualche metro. Quello che possedeva la camera di decompressione gonfiò un pallone legato al polso per risalire a tutta velocità e infilarsi in quella specie di bara trasparente, dove fu prontamente riportato a 5 atmosfere. Sembrava molto malato e si rannicchiò addormentandosi sotto una spessa coperta, all’asciutto. Noi continuammo ad assistere gli altri con le bombole e l’acqua calda.<br />
Quando arrivarono a trenta metri di profondità, una lavagnetta disse: LIBRO, e una maschera con lenti da vista e un Giallo Mondadori furono gettati in acqua legati al solito sasso. Indossai la mia maschera e misi la faccia in acqua: ora potevo scorgere il mio amico corallaro miope, con la corda attorcigliata intorno alla caviglia, che fluttuava semisdraiato e leggeva approfittando della visibilità di quel mare così limpido. Quando finiva una pagina la strappava e questa si allontanava verso gli abissi nuotando lenta. Chissà dove finiva.<br />
L’ultima decompressione a tre metri fu la più estenuante: mentre il corallaro nella camera iperbarica adesso poteva ascoltare musica da un walkman, senza che questo fosse frantumato dalla pressione, quelli ancora sott’acqua sembravano alghe moribonde in balia delle correnti. Quando li issammo in barca erano pallidissimi e non parlavano. Rientrammo nel primo pomeriggio e loro andarono a riposarsi, prima di passare per la gazzosa al bar e per quella mezz’ora di vita sociale sulla terra a compiacersi della gravità e dell’aria leggera.<br />
Visto che avevo superato l’esame da mozzo e avevo i il mio bel brevetto da sommozzatore conquistato con un corso alla piscina comunale, i corallari quell’estate mi fecero un altro regalo: mi fornirono l’attrezzatura e mi portarono a fare un’immersione in una buca profonda 50 metri. Ricordo la mia discesa lenta a soffiare nel naso tappato dalle dita per cercare di salvare i miei timpani dalla pressione, e il mio amico corallaro miope che controllava la mia immersione osservandomi dalla barca, la cui chiglia, 40 metri più su, era ancora perfettamente visibile e sembrava appoggiata sul vetro. Cercai di fargli un cenno come per dire O.K. ma forse mi mossi in modo goffo: lui subito prese un sasso, e in costume da bagno e senza pinne, scese come un proiettile, in apnea. Arrivato alla mia profondità lasciò andare il sasso e iniziò a nuotarmi intorno, sistemando la mia attrezzatura, controllando le manopole sulla mia schiena e guardandomi bene negli occhi, mentre io gorgogliavo come un mantice inceppato. Mi sembrò un’operazione lunghissima e sentivo crescere l’ansia a ogni secondo che passava, ma lui sembrava assolutamente a suo agio: lo guardai risalire tranquillo verso la superficie, io intabarrata come un astronauta, lui che sembrava un pesciolino con gli occhi grandi. Sarebbe morto di lì a un mese a soli tre metri di profondità, a causa di un mozzo distratto: aveva chiesto il cambio bombola e il mozzo l’aveva calata senza guardare; la bombola probabilmente lo aveva colpito alla testa, un colpo leggero ma sufficiente per farlo svenire, e lui era annegato, così. Quando lo ricordo risalire senza fretta verso la superficie azzurra mi chiedo perché mai sia dovuta andare in questo modo e mi pare una cosa assurda e irrispettosa.<br />
Nella fossa col fondo piatto la visibilità era perfetta: intorno a noi c’erano pareti nere e bucate da cui spuntavano decine di chele e baffi. Il corallaro che mi accompagnava non esitò a infilare le mani nude in una delle buche e a tirarne fuori un astice recalcitrante, che sarebbe stato il condimento dei nostri prossimi spaghetti. Avrei voluto chiedergli di lasciarlo andare ma non potevo parlare e soprattutto sarebbe servito a poco, presumo. I pesci, curiosi e per nulla intimoriti, si avvicinavano e poggiavano la bocca sul vetro della mia maschera, come a dare dei piccoli baci. Alcuni si lasciavano toccare, scivolando via languidi per poi tornare a strusciarsi, come gatti. Erano affascinati dalle bolle che uscivano dai nostri boccagli e si davano il turno a sbocconcellarle.<br />
Trovammo anche un piccolo pezzo di corallo rosso, sfuggito inutilmente per qualche tempo e cresciuto di nascosto, sotto una roccia.<br />
L’ho ributtato in mare ed è affondato in fretta tra gli scogli, quelli alla fine della spiaggia grande di Isola Rossa.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY0mb8JhE4WVr-JLDrmyeKxPbstYNz5RE4HaGUVlbTlOgNEWkW1R_VD1e5m1t_XUfTEn__7VAZobYVVfDKvlhMg6g2rPimDUuyHXhEFGUtb7-4esESkuAp2Oiv5j-GNJRfam8taj55HzA/s1600/sardegna2-jpg-crop_display.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="spiaggia, golfo, mare" border="0" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY0mb8JhE4WVr-JLDrmyeKxPbstYNz5RE4HaGUVlbTlOgNEWkW1R_VD1e5m1t_XUfTEn__7VAZobYVVfDKvlhMg6g2rPimDUuyHXhEFGUtb7-4esESkuAp2Oiv5j-GNJRfam8taj55HzA/s1600/sardegna2-jpg-crop_display.jpg" title="Spiaggia di Isola Rossa" width="400" /></a></div>
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</i><i><a href="http://loredanademichelis.blogspot.com/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<span style="color: lime;"><i>Questo racconto fa parte della raccolta </i><b>OFFSET</b></span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZsgV9PoJMxGgJ68Db4IrjtgeS-LJJdr6C0n2ZPXuUhW0NAs6AG1sizZXPaAHQxEA3woV7oxts7oZ81bcaSSBWasGNrBjAqY8Pqc_zfTbIKpZsMep8yft30A3PYRKE3lCFLG36QMiAJpM/s1600/IMAG0023.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Cartello pericolo meduse" border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZsgV9PoJMxGgJ68Db4IrjtgeS-LJJdr6C0n2ZPXuUhW0NAs6AG1sizZXPaAHQxEA3woV7oxts7oZ81bcaSSBWasGNrBjAqY8Pqc_zfTbIKpZsMep8yft30A3PYRKE3lCFLG36QMiAJpM/s1600/IMAG0023.JPG" title="realtà australiana" width="300" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<h4>
I fatti: l’economia australiana è fondata principalmente sulle risorse minerarie. In sostanza l’Australia è un paese che vive di rendita. Le sue attività produttive sono scarse e si limitano in gran parte alla coltivazione e all’allevamento. Il terziario è poco sviluppato e le importazioni ostacolate e costose. Il consumismo degli australiani è basso e si limita alla tecnologia, mentre l’iniziativa imprenditoriale scarseggia, anche per via del numero esiguo di abitanti distribuiti su vaste aree.</h4>
<a name='more'></a><br />
Detto questo, la scelta politica in fatto di immigrazione dell'Australia è al momento quella di impedire un aumento massiccio della popolazione, affinché la ricchezza basti per tutti. Di conseguenza i flussi migratori sono molto controllati, sia quelli provenienti dai paesi poveri, sia quelli provenienti da paesi ricchi di <i>know how</i>: il fatto di essere molto qualificati non facilità l’ingresso in Australia, poiché il principio è di riservare i posti di lavoro migliori ai cittadini australiani.</div>
Per assumere un ingegnere dall'estero, per esempio, un’azienda australiana deve dichiarare che non vi è alcun australiano in grado di svolgere il suo lavoro nello specifico.<br />
I lavori disponibili sono soprattutto quelli manuali e hanno una durata breve: persone che abbiano lavorato lì per due anni e superato i 32 anni di età, sono invitate a trovarsi un lavoro in qualche altro continente. <br />
Le paghe sono buone, paragonate a quelle europee, ma il costo della vita non è basso, sebbene il cibo sia di scarsa qualità come molte altre cose.<br />
Rimangono i grandi spazi della natura, i grossi e indispensabili Pick Up, gli speakers (anche 18) di cui sono dotati, e grandi megaschermi per tv e computer, che sono il principale passatempo serale degli australiani. Le distanze sono enormi, i centri abitati strutturati come negli Stati Uniti e serve l’auto anche per andare a comprare il pane, che è quello a cassetta e si trova nei centri commerciali, che sono anche i principali e spesso unici punti di ritrovo e intrattenimento. Intorno a essi ci sono di solito anche le scuole e i centri sanitari.<br />
Ovviamente, in termini lavorativi, ci sono sistemi di raggiro delle regole e se si hanno dei parenti che hanno la cittadinanza è tutto più facile, così come non è impossibile lavorare per brevi periodi ad alti livelli e con paghe ottime, soprattutto se si appartiene alla categoria dei profili professionali richiesti (medici, psicologi, infermieri, soprattutto).<br />
Permessi di studio fittizi o altre soluzioni più o meno legali sono attuabili, a patto di capire bene tutto il complicato meccanismo. Non è cosa che si possa fare dall’Italia e richiede esperienza. <br />
Il risultato è che, salvo pochi fortunati, la maggiorparte degli stranieri fa lavori eccezionalmente duri (i maschi quindi sono più richiesti) e vive al minimo della sussistenza.<br />
Più faticoso di quello che si farebbe in una capitale Europea qualunque, ma con molta meno socialità e senza tornare a casa con più soldi. <br />
Le attività commerciali in vendita costano invece meno che in Europa: è possibile comprare una palestra, attiva, con meno di 40.000 euro in posti come Cairns, ma ci sono inghippi dal punto di vista fiscale, commerciale e legale. Le attività legate alla ristorazione sono inflazionate e il cibo più richiesto, a costi minimi, è quello orientale: un business gestito esclusivamente dagli orientali stessi. <br />
<br />
A chi comunque voglia fare l’esperienza, anche di viaggio, si consiglia:<br />
<br />
- l’acquisto immediato sul posto di un pick up di seconda mano attrezzato per il campeggio.<br />
<br />
- disponibilità a spostarsi in base alle stagioni e alle offerte di lavoro. <br />
<br />
- confronto ripetuto con gli europei attualmente sul posto (ognuno ha le sue teorie e le sue soluzioni). <br />
<br />
- studio approfondito del sistema burocratico australiano. <br />
<br />
- ascolto preventivo di trasmissioni dove si parla inglese con accento australiano: per nulla comprensibile a chi parla un inglese anche buono di altra provenienza. Se non si è in grado di parlare fluentemente e di capire al volo, i lavori disponibili si restringono: l’Australia è invasa annualmente da “emigranti” provenienti dall’Inghilterra (e che godono di vantaggi anche burocratici) dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Sudafrica (paese con il quale ci sono accordi particolarmente favorevoli per la concessione della cittadinanza). Piuttosto difficile quindi fare i camerieri in posti ben pagati, quando la concorrenza (comunque sottopagata rispetto agli australiani) è di lingua madre. Rimangono i posti come cuoco, lavapiatti, pulizie. Se non si hanno skills specifiche (soprattutto quelle artigianali, molto richieste) il resto della lavoro è per la maggior parte nei campi, e non è così bucolico come pare dai documentari. <!--EndFragment--><br />
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<br /></div>
<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-92020992974234656212014-04-15T09:14:00.000-07:002017-04-04T11:28:44.504-07:00Libano: atmosfere fuggiasche lussuose<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI5IXELjLSvmkb8H2XFb89astHIwSSESFNiucoi0VQN99neHjSS5vCIgtlLoCYWL_RruT5TiSidt_rel8z9vT3iZvFgDA3bVBg2gKC91QWeE688ZodTuofDlqXVg1FLo1L0t_WM0VZshI/s1600/dellutri_illuminazione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="uomo che guarda in alto" border="0" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI5IXELjLSvmkb8H2XFb89astHIwSSESFNiucoi0VQN99neHjSS5vCIgtlLoCYWL_RruT5TiSidt_rel8z9vT3iZvFgDA3bVBg2gKC91QWeE688ZodTuofDlqXVg1FLo1L0t_WM0VZshI/s1600/dellutri_illuminazione.jpg" title="Dell'Utri" width="400" /></a></div>
<h4>
Ho un’amica che gestisce un’agenzia viaggi. Prima invece gestiva un’agenzia matrimoniale e quando le avevo chiesto se avesse un vecchietto moderatamente ricco e moribondo da farmi conoscere, la risposta era stata: “Scherzi? Sono quelli che vanno via prima! Se vuoi ho un fattore di Reggio di 64 anni, ma secondo me ci seppellisce entrambe.”<a name='more'></a></h4>
Questo per dire che quando voglio un parere schietto su qualche offerta di viaggio, telefono a lei.<br />
Questa volta però, l’ho chiamata per una curiosità: avevo letto un articolo sulla faccenda <b>Dell’Utri</b>. L’articolo diceva che Dell’Utri, inseguito dai servizi segreti di tutto il mondo, era stato visto da tutti prendere un aereo a Parigi portandosi appresso una grossa valigia e atterrare a <b>Beirut</b>.<br />
Lì aveva preso discretamente alloggio all’<b>International Phoenix </b>(nome evocativo), in una suite che, sempre secondo la giornalista, costerebbe 5000 euro a notte. In tasca a Dell’Utri sarebbero state trovate decine di migliaia di euro, cioè, visto il costo della suite, la paghetta per una settimana di soggiorno.<br />
Infingardamente, Dell’Utri, sarebbe andato in <b>Libano</b> portandosi appresso il passaporto, quando per salire sull'aereo a Parigi avrebbe ben potuto mostrare la tessera delle Giovani Marmotte.<br />
L’avvocato di Dell’Utri, che in questo articolo sembra avere una strana affinità intellettuale con la giornalista, dopo avere dichiarato che se il suo cliente avesse veramente voluto scappare, non sarebbe andato in Libano dove c’è l’estradizione, ha al tempo stesso affermato che gli sembra difficile che in Libano esista l’estradizione per “concorso esterno in associazione mafiosa”, e non ha tutti i torti: potrebbe anche non esistere il termine in lingua libanese.<br />
L’articolo si chiude con una dichiarazione che avrebbe fatto Dell’Utri: “Non volevo scappare, è che sono stato male e dopo l’angioplastica volevo fare dei controlli”.<br />
Tutta questa creatività dell’articolo mi ha fatto pensare per salti associativi e ho preso il telefono, chiamando l’agenzia della mia amica: “Ma pacchetti per il Libano ne vendi?” “Bah, fino a ieri, mai venduti, oggi già 5 telefonate: tutti che vogliono visitare Beirut per Pasqua: io glielo dico che là Pasqua si celebra dopo, ma non frega niente a nessuno”.<!--EndFragment--><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
</div>
<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe>Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-51588001420823818372014-03-17T00:30:00.000-07:002017-04-04T11:28:15.953-07:00Amalfi e Quasimodo<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaKMiL_6p1787ZrMathzBbScKoNwZh6dw1qHR63fR5q1Og7xIkR0xTO0OD6fvXAS7ebQFoZsh9UtMN5E-VZYVdnK0k7zMP3i8dqkx5nu7XWW_LrBHqELGe-3CUDYtDDEzpj_VTrR_Vl6A/s1600/9_d.20111120102910.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="terrazza vista mare" border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaKMiL_6p1787ZrMathzBbScKoNwZh6dw1qHR63fR5q1Og7xIkR0xTO0OD6fvXAS7ebQFoZsh9UtMN5E-VZYVdnK0k7zMP3i8dqkx5nu7XWW_LrBHqELGe-3CUDYtDDEzpj_VTrR_Vl6A/s1600/9_d.20111120102910.jpg" title="Amalfi" width="640" /></a></div>
Sarà il nome, saranno le mille memorie di qualcun altro, questo luogo invita alla canzone e si fatica a non parlarne in versi, anche quando la piazzetta è oramai diventata un parcheggio e la vietta stretta che si arrampica in alto è costellata di negozi stanchi.<br />
<a name='more'></a><br />
<div>
Tra tanti gelati e ceramiche, il limoncello non sembra più speciale del panzerotto congelato di un franchising. Ma guardando in alto ci sono ancora i fiori che sbocciano dai muri, le piante di limone che si scaldano al sole, un sole che sta sempre di fronte. </div>
<div>
Amalfi si gira presto e si assaggia in fretta, poi c'è la coda di pullman lungo la stretta strada costiera. </div>
<div>
Aspetta: resto qui, fammi sentire 'sto caffè. Lasciami guardare le cose piccole, i foglietti di chi si offre d'insegnare inglese. Lasciami contare i sassi della strada, spiare dietro le tende delle case vecchie, cercando quello che non è mai cambiato, salendo fino all'ultima casa in alto, soltanto per guardare il mare.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
QUI E' IL GIARDINO</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
CHE CERCHIAMO SEMPRE E</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
INUTILMENTE DOPO I LUOGHI</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
PERFETTI DELL'INFANZIA.</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
UNA MEMORIA CHE AVVIENE</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
TANGIBILE SOPRA GLI</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
ABISSI DEL MARE, SOSPESA</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
SULLE FOGLIE DEGLI ARANCI</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
E DEI CEDRI SONTUOSI</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
NEGLI ORTI PENSILI</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
DEI CONVENTI.</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<i> SALVATORE QUASIMODO XX SEC. targa visibile nella Piazzetta di Amalfi</i></div>
</div>
</div>
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Traduzione a cura di Alice Bodin.<br />
<br />
"Operation Relentless" è la mia quarta Campagna Antartica in Difesa delle Balene con Sea Shepherd e la seconda come Capo Cuoca a bordo della Sam Simon. <br />
<a name='more'></a>L'anno scorso la flotta baleniera iniziò la stagione di caccia in ritardo e riuscimmo a trascorrere il Natale in porto, quest'anno invece abbiamo festeggiato il giorno di Natale nel mezzo dell'oceano, solo tra noi 29, a miglia di distanza dalla frenesia che caratterizza questo periodo dell'anno.<br />
Proveniamo tutti da culture e fedi diverse e celebrare il Natale è un bel modo di trascorrere un giorno speciale tutti insieme, mescolando le tradizioni e scoprendo quelle degli altri. E' una buona opportunità per conoscere meglio gli altri membri dell'equipaggio, per legare come gruppo e per costruire la fiducia e il sostegno reciproci. E' anche una piacevole pausa dal tempo che trascorriamo in mare, un giorno di spensieratezza prima di affrontare di nuovo la violenza dei bracconieri di balene. Si tratta di un modo per diventare più forti e più uniti nella nostra missione: mettere fine alle uccisioni illegali di balene in Oceano del Sud.<br />
<br />
Un paio di settimane prima di Natale ognuno di noi ha scelto il proprio “Babbo Natale Segreto” estraendo il nome di un altro membro dell'equipaggio da un cappello. Ognuno estrae un nome e deve poi preparare un regalo per quella persona, che verrà aperto il 25 Dicembre. Amo queste settimane di preparativi, forse ancora più del Natale stesso. L'intera nave diventa un grande laboratorio dove ognuno cuce, cucina o lavora il legno per preparare un regalo, ma siccome viviamo tutti assieme dobbiamo assicurarci che il segreto non venga scoperto. Quando condividi la tua cabina, il tuo spazio di lavoro e l'area comune con altre 28 persone può essere difficile riuscire a trovare un angolino tutto per te, ma questo semplicemente aiuta la creatività e stimola la tua immaginazione. Per due volte mi è capitato di entrare in una stanza solo per sentirmi dire di uscirne il più in fretta possibile perché il mio Babbo Natale Segreto stava preparando il mio regalo. C'erano tre persone nella stanza quindi mi ci è voluto un po' per scoprire chi si trattasse effettivamente.<br />
<br />
Quest'anno Elisa, che per un certo periodo ci ha dato una mano nella cambusa, mi ha regalato una bellissima guida dell'Antartide fatta a mano, con disegni e scritti sulla fauna selvatica, l'ambiente e la conservazione, un libro unico che conserverò come un tesoro. Altri meravigliosi regali fatti dall'equipaggio per il Babbo Natale Segreto sono stati decorazioni in legno, una sciarpa fatta a mano, una rosa fatta con un cavo elettrico, una scatola di legno, una grande balena di peluche, un set per disegnare e molti altri. Alcuni regali sono stati davvero emozionanti, soprattutto per le mie amiche Hillary e Jess, che hanno ricevuto entrambe delle stampe riguardanti cose a cui tengono profondamente - la sorpresa e l'emozione sui loro volti nel momento in cui hanno scartato i regali è valsa l'intero giorno di Natale.<br />
<br />
Quest'anno abbiamo anche ricevuto molti regali da persone che ci sostengono dalla terraferma, ed è bello sapere che tante persone si preoccupano per noi e ci pensano perché credono che quello che facciamo sia giusto.<br />
<br />
Il 24 l'entusiasmo è palpabile in tutta la nave e tutto l'equipaggio riunito si occupa delle decorazioni. Abbiamo un albero di Natale, i mozzi aiutano a decorarlo e appendono file di popcorn e bandierine rosse e verdi per tutta la mensa. Al mattino il nostro Direttore di Macchina aiuta a sistemare le luci per l'albero e ad appendere le calze piene di delizie. Molti dell'equipaggio vengono in cambusa e ci aiutano a cucinare, e il 25 abbiamo addirittura ricevuto la visita di Babbo Natale e dei suoi due elfi.<br />
<br />
Iniziamo a cucinare il 24, con un menu speciale per la Vigilia di Natale che include tortellini in brodo, una tradizione italiana. La mattina del 25 facciamo una grande colazione con salsicce vegane, frittelle di patate, tofu e salsa olandese, muffin inglesi, frutta, e panini di vario tipo. Poi alle due del pomeriggio facciamo un pasto unico con ogni tavolo della mensa riempito di cibo. Ho chiesto all'equipaggio cosa desiderassero per il menu di Natale e assieme ai tradizionali tuberi e radici arrosto, farcitura e tacchino di tofu, abbiamo avuto qualche richiesta, come il tiramisù e un tipo di torta, la “banoffee pie” – credo che il Natale sia semplicemente ciò che tu desideri che sia!<br />
<br />
Le nostre navi sono vegane e in un giorno come Natale, in cui la tradizione prende il sopravvento sul buonsenso e diventa la causa del massacro di milioni di esseri innocenti per il foie gras o altri tipi di carne, è importante dimostrare che si può avere esattamente la stessa quantità di divertimento e buon cibo di chiunque altro, senza nessuna crudeltà.<br />
<br />
Anche se siamo molto lontani da ogni terra e da ogni altra forma di civilizzazione, la nostra piccola isola galleggiante è un promemoria per ricordare che abbiamo la responsabilità di questo pianeta e che quando hai a cuore qualcosa dovresti fare tutto ciò che puoi per renderla possibile. Nessuna distanza, nessuna separazione dalle nostre famiglie e dai nostri amici sarebbe più dolorosa dell'idea che se noi non fossimo qui altre famiglie verrebbero distrutte, altri esseri verrebbero uccisi, solo perché non possono difendersi dalla follia di alcuni esseri umani che sembrano aver dimenticato che non siamo noi i padroni di questo pianeta. Noi siamo qui per ricordarglielo."<br />
<br />
Articolo originale:<a href="http://www.seashepherd.org.au/relentless/crew-blog/a-sea-shepherds-christmas.html">http://www.seashepherd.org.au/relentless/crew-blog/a-sea-shepherds-christmas.html</a><br />
<br />
Sea Shepard Italia su Facebook per chi preferisce leggere in italiano: <a href="https://www.facebook.com/seashepherditalia">https://www.facebook.com/seashepherditalia</a></div><br />
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Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-31109141044235187662013-11-26T06:31:00.002-08:002017-04-04T10:35:45.355-07:00Dal libro: Lettere da Londra underground.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><!--[if gte mso 9]><xml> <o:OfficeDocumentSettings> <o:AllowPNG/> </o:OfficeDocumentSettings> </xml><![endif]--> <!--[if gte mso 9]><xml> <w:WordDocument> <w:View>Normal</w:View> <w:Zoom>0</w:Zoom> <w:TrackMoves/> <w:TrackFormatting/> <w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone> <w:PunctuationKerning/> <w:ValidateAgainstSchemas/> <w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid> <w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent> <w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText> <w:DoNotPromoteQF/> <w:LidThemeOther>IT</w:LidThemeOther> <w:LidThemeAsian>JA</w:LidThemeAsian> <w:LidThemeComplexScript>X-NONE</w:LidThemeComplexScript> <w:Compatibility> <w:BreakWrappedTables/> <w:SnapToGridInCell/> <w:WrapTextWithPunct/> <w:UseAsianBreakRules/> <w:DontGrowAutofit/> <w:SplitPgBreakAndParaMark/> <w:EnableOpenTypeKerning/> <w:DontFlipMirrorIndents/> <w:OverrideTableStyleHps/> </w:Compatibility> <m:mathPr> <m:mathFont m:val="Cambria Math"/> <m:brkBin m:val="before"/> <m:brkBinSub m:val="--"/> <m:smallFrac m:val="off"/> <m:dispDef/> <m:lMargin m:val="0"/> <m:rMargin m:val="0"/> <m:defJc m:val="centerGroup"/> <m:wrapIndent m:val="1440"/> <m:intLim m:val="subSup"/> <m:naryLim m:val="undOvr"/> </m:mathPr></w:WordDocument> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:LatentStyles DefLockedState="false" DefUnhideWhenUsed="true"
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><div class="MsoNormal"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;">Gennaio</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpUX2WNCwAgNQg2Zmd_wsbCcQBlt-6LV_kzpVS0Qssp0L_ju9MW3dTC3fAQoVOMDHHrezfdsvl5V3e1U3fz3QEzudYRNIpTTS9HORRU9BJDPDxCfAmo3DuPYQUsrrSS7u5vQO5I16hOcs/s1600/Schermata+2016-05-22+alle+17.45.43.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="copertina libro" border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpUX2WNCwAgNQg2Zmd_wsbCcQBlt-6LV_kzpVS0Qssp0L_ju9MW3dTC3fAQoVOMDHHrezfdsvl5V3e1U3fz3QEzudYRNIpTTS9HORRU9BJDPDxCfAmo3DuPYQUsrrSS7u5vQO5I16hOcs/s320/Schermata+2016-05-22+alle+17.45.43.png" title="Lettere da Londra underground" width="225" /></a></div><span style="font-family: inherit;"><br />
</span> <span style="font-family: inherit;">"La settimana scorsa al Fried Chick è entrato come un fulmine il solito caraibico omologato: 20 anni, berretto da baseball, due metri di molle e muscoli, carico come un pistone. Da noi c’è una rapina al mese.</span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Le istruzioni dicono di consegnare la cassa senza fare storie, tanto c’è l’assicurazione e al capo basta presentare il filmato della videocamera che è installata sul soffitto. Quando l’incasso arriva a 100 sterline dobbiamo prelevare i soldi, infilarli in un tubo e infilare il tubo nella cassaforte che sta nel retro. In cassa quindi non c’è mai molto e i rapinatori lo sanno, ma il furto è facile e quando sono in emergenza passano, diciamo a prelevare. </span><br />
<span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Sono sempre caraibici, sembrano tutti uguali e non li beccano mai. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Questo fatto della rapina mensile è filosoficamente accettato come inevitabile, alla faccia del mondo civilizzato. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">O forse questo lo è, un mondo civilizzato, nel senso di rincoglionito: ci sono 10.000 sterline in una cassaforte grossa come una scatola di biscotti dietro una parete di plastica: perché nessuno ruba quella? Basta che ce la chiedano.</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;"> <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Invece questi ladri civilizzati prendono solo il necessario, 60 sterline dalla cassa quando va bene. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Se andiamo avanti così, il terzo mondo ci mangerà in testa, dico io.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Comunque: il caraibico si fionda dentro, e fuori, in sosta vietatissima, c’è un’auto accesa piena di colleghi che lo aspettano. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Io ho istruzioni di stare calma: afferro saldamente il cestello delle patatine che sta immerso nell’olio a 400 gradi e controllo la frittura. Il caraibico ordina qualcosa. Io prendo le pinze lunghe con l’altra mano e le uso per aprire la vetrinetta riscaldata, dove attacco a rimestare tra ali di pollo. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Entra un irlandese, vecchio, sporco e ubriaco: spinge il caraibico di lato con gesto plateale, si sporge sul bancone e mi dice: “Dammi subito due coscette, cara”. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Nel silenzio imbarazzato che segue, il caraibico si trasfigura assumendo un atteggiamento che ho imparato a riconoscere e che mi spedisce una scossa elettrica lungo la spina dorsale: smette di molleggiare, il sorrisetto arrogante scompare, la pelle gli diventa un po’ grigia e negli occhi gli scende un’espressione remota, gelida e tristissima. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Non guarda nessuno, flette il capo di lato e sembra parlare a se stesso. Con voce dal timbro molto basso dice: “C’era prima io, signore”. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">L’irlandese sta guardando la vetrina di cibo: “Stai zitto scimmia, lo sai benissimo che i bianchi hanno la precedenza”. Poi mi fissa repentino e con un fare autoritario così forte che mi chiedo dove l’abbia imparato, mi zittisce prima ancora che abbia aperto bocca: “Non stare lì impalata tesoro, dammi il pollo. Maledetti negri, non imparano mai l’educazione.”<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Io guardo il caraibico con la coda dell’occhio, perché a guardarlo dritto ho paura. Lui sta arretrando lentamente verso l’uscita, mentre un altro paio di clienti si sono aggiunti alla fila, fingono di non aver sentito nulla e guardano con interesse i tabelloni.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Sono emigrante da abbastanza tempo oramai per avere capito che al mondo le cose inaccettabili succedono continuamente e che il mondo dei soprusi non è così semplice, così bianco e nero, come lo vogliono pensare molti di quelli che fanno le manifestazioni di protesta credendo di stare dalla parte giusta della barricata. Ma non c’è nessuna barricata: la frustrazione e la paura si intrecciano come rovi e in quei quattro metri quadri che puzzano di olio bruciato stanno spremendo fuori da ognuno di noi una pozione corrosiva. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Il caraibico tiene la testa bassa e le mani nelle tasche del giubbotto. Con un piccolo movimento fluido del collo ha appena controllato la videocamera di sorveglianza nella speranza che fosse spenta. Ora dondola leggermente e se lo vedessi in un filmato penserei che sia incerto sul da farsi. Invece ho i sensi così allertati che ne sento nettamente l’odore, come sento quello di tutti gli altri, e so che sta prendendo le misure, facendo una sorta di triangolazione. Intuisco immediatamente che devo allontanarmi dalla friggitrice. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Gli occhi accesi dell’irlandese hanno un momento di intermittenza: la cosa sta andando troppo liscia.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Nel retro si è interrotto il suono ritmico dell’accetta sul tagliere. Il silenzio che arriva da lì mi fa sudare doppio. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">La signora benvestita che sta facendo la fila dentro la sua bolla di fette di salame, scatta urlando di muovermi, che non può stare lì tutto il giorno. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Il caraibico è scomparso. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Consegno il pollo all’irlandese, che mi butta due monete e si avvia impettito all’uscita. Appena varca la soglia ed esce dal raggio d’azione della telecamera, il caraibico è lì: si piega di lato, flette una gamba e gli spara un calcio alla tempia forte come una fucilata. L’irlandese vola a terra rimbalzando sulla nuca, non è riuscito neppure a piegare le ginocchia. Dopo il rimbalzo e il rumore di ossa schiacciate, giace immobile. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Ho appena visto uccidere un uomo, così, in un attimo. L’auto dei caraibici è già partita sgommando. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Sento il soffio lieve dell’aria smossa dal tamil: è dietro di me e sta chiamando un’ambulanza.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">La signora in giacca mi fissa furibonda: vuole il pollo. Dietro di lei, davanti all'ingresso del negozio, c'è l’irlandese steso a gambe larghe, vedo il suo stomaco sporgente illuminato dal lampione, che si staglia contro l'oscurità della strada, ora improvvisamente deserta.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Il tamil sblocca la barra d’acciaio che blinda lo sportello tra il bancone e lo spazio dei clienti. Mi rendo improvvisamente conto che l’avevo sentita ronzare prima, quando era sceso il silenzio nel retro. Quando ancora credevo che difendermi col cestello della friggitrice fosse una buona idea. </span><br />
<span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Il tamil questa volta non sorride ma è calmo come sempre, solo il bianco degli occhi un po’ più evidente. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">Non so cosa fare e non riesco a staccare gli occhi dall’irlandese. Prendo il contenitore di cartone, le salviette, le bustine di sale. Metto un bicchiere di carta sotto la spina della cocacola.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;">L’irlandese morto ha un fremito come Frankestein. Si alza e rientra barcollante in negozio. È una maschera di sangue e ha un dente appiccicato sul mento dalla sua stessa bava. Un occhio sembra esploso e vedo biancheggiare l’osso dello zigomo dal taglio che gli attraversa la faccia, dalla tempia alla mascella. Riesco solo a pensare che non può essere conciato così ed essere vivo. Invece è lì. Dall’unico occhio aperto, esterrefatto ed umiliato, scendono lacrime. “Quella scimmia figlia di un orango” - dice - “Mi ha rubato il pollo”."</span><br />
<span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;"><br />
</span> <span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;"><i>Brano tratto da: "Vado a vivere a Londra. Lettere di un emigrante" E-book di Loredana de Michelis</i></span><br />
<i>scaricabile su <a href="http://www.amazon.it/Vado-vivere-Londra-Lettere-emigrante-ebook/dp/B00GPX1VFO/">Amazon</a> </i></div><div class="MsoNormal"><span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal"><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="https://rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=ss_til&asins=B00GPX1VFO" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe> <i><span style="font-family: inherit;"> <span style="font-family: inherit; mso-ansi-language: IT;"></span></span></i><br />
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhivWjwINajy8fSjKDuVAqlf1rQt6Ec8xl7ncOSRUQKQfBNtLwFenhIt1FYzvDI5t085z90b4j_hScyvWWZUoC1NnVd5IMBiDLUJsRxOD0Bw98_7ku1k_ybOc3b31M9eaa028X64iRVYI/s1600/contadora.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="isola in mezzo al mare" border="0" height="289" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhivWjwINajy8fSjKDuVAqlf1rQt6Ec8xl7ncOSRUQKQfBNtLwFenhIt1FYzvDI5t085z90b4j_hScyvWWZUoC1NnVd5IMBiDLUJsRxOD0Bw98_7ku1k_ybOc3b31M9eaa028X64iRVYI/s640/contadora.jpg" title="Isla contadora" width="640" /></a></div>
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<h4>
A un paio di ore di traghetto da Panama o a 20 minuti di volo in aerotaxi, c’è un’isola di pochi chilometri quadrati dove gli spagnoli un tempo contavano le perle prima di spedirle in Europa, e dove ora i ricchi panamensi si trasferiscono per il weekend, servitù e viveri al seguito.</h4>
<a name='more'></a><br />
Le case lussuose e nascoste nella ricca vegetazione sono visibili soltanto dal mare, perché la strada che porterebbe alle numerose piccole baie su cui sono costruite, finisce sempre sul cancello del loro viale d’ingresso.<br />
Lì Julio Iglesias pare avesse comprato una villa, una volta. Forse gli piaceva l'idea degli antenati corsari o forse era venuto a tenere compagnia all'ultimo Scià di Persia che lì finì la sua vita da esiliato.<br />
Le poche spiagge di libero accesso sono belle: sabbia bianca, acqua trasparente, mare calmo e all’orizzonte, in stagione giusta, enormi balene di passaggio.<br />
Le stradine curate sono attraversate principalmente da golf cars, mountain bikes e arroganti scoiattoli. <br />
È un’isola per il quieto ritiro dalle strade intasate di Panama: ci sono due bar, un albergo con ristorante, un piccolo negozio di beni di prima necessità e, naturalmente, la pizzeria di un romagnolo verace. Siamo arrivati anche lì, portando i nostri tavolini tondi con le tovaglie bianche e candelabro attaccato, i gamberi e gli zucchini, l’olietto al tartufo, e tutto ciò che di delizioso si riesce ad arrangiare con i pochi e selezionati ingredienti freschi che solo un italiano sa scovare, anche sulla luna. Prenotando per tempo, un piatto di linguine al dente e pomodori pachino si può sempre avere, a patto che il cuoco non debba preparare la cena a domicilio per una festa in villa. Anche il catering fa.<br />
La sua pizza da asporto costa più di venti dollari, ma non si lamenta nessuno: non c’è concorrenza ed è l’unico posto amichevole e vivace di tutta l’isola.<br />
A due chilometri di distanza invece c’è la baracca dei locali: tetto di plastica, tavoli scassati e televisore sempre sintonizzato sulle interferenze. Il menù è uguale a se stesso da generazioni e non tradisce mai: riso e fagioli, pollo fritto, banane tostate. Qualche sorriso di cortesia ma tanta stanchezza e un po’ di ritrosia verso i turisti che vanno a fare il “safari” proprio dove a fine giornata i locali vorrebbero forse stare tra loro, senza quelli che ordinano la riparazione di una finestra, il taglio del prato o il caffè ristretto in tazza grande con zucchero di canna e bicchiere di acqua minerale naturale a temperatura ambiente a parte, ma portato nello stesso momento.<br />
Eppure un’isola, per quanto piccola sia, nasconde sempre un tesoro: vicino alla pista degli aerotaxi, che inizia e finisce a picco sul mare, c’è una bella spiaggia dorata (nella foto: quella grande a sinistra) e un grandioso residence fantasma: i lussuosi bungalow di legno costruiti su pali pencolano come grossi funghi marci, mentre la pista da ballo all’aperto si sgretola disperdendo specchietti e piastrelle ad ogni mareggiata. La vegetazione cresce avvitandosi sui tondelli di ferro arrugginiti che sbucano urlanti dai blocchi di cemento crepati. In fondo alla baia deserta c’è una nave di ferro incagliata abitata da alcuni africani manovali del luogo: il generatore a gasolio, che fanno girare giorno e notte, fa il rumore di un mercantile in avaria.<br />
Narra la leggenda che questa spiaggia fosse luogo di grande fasto nei lontani anni ’80: gli accordi di pace dei paesi centroamericani, che qui furono ratificati, avevano promosso la movida e biplani con a bordo personaggi di calibro estremamente vario, andavano e venivano sempre più zavorrati dalle bottiglie di Champagne. Poi, un giorno, il narcotrafficante che aveva iniziato la costruzione del lussuoso residence, è scomparso, così, da un giorno all'altro, senza lasciare traccia. Forse è rimasto seppellito in qualche pilone di cemento. Forse ora ha la faccia di un cinese e traffica a Formosa: perché le isole, è sempre difficile dimenticarle.<br />
Su questa spiaggia si può ancora fare una cosa: sciogliere i capelli, montare un cavalletto, impostare la ripresa in bianco e nero e indossare una veste bianca, senza tempo. Per stupire gli amici con foto di vacanze diverse. E per sentirsi parte di una ciurma che si è persa nei venti.<br />
Contadora aspetta, e intanto tesse un lungo tappeto di piste ciclabili deserte.<br />
<br />
<i><a href="http://www.loredanademichelis.it/">Loredana de Michelis</a></i><br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: lime;"><i>Questo racconto fa parte della raccolta </i><b>OFFSET</b></span></div>
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<br /></div>
Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-80150118326564743332013-11-18T23:30:00.000-08:002017-04-04T10:54:52.447-07:00Hasmina, le rovine del futuro<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVPj0hYfggf1NCPawpi8FfeOk5Ttx0fJRk5tDj7vzMZyq-e90K1PbIzzj_zBxuHedz7c76bZJtv8Pt_V_BV_b4k5Yru6vdR1yq9mD14ddSVwH-QxkfKVZnya-BBZD8NjOsx9U2BK8aPp0/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Hasmina, Vado ciao, Loredana de Michelis" border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVPj0hYfggf1NCPawpi8FfeOk5Ttx0fJRk5tDj7vzMZyq-e90K1PbIzzj_zBxuHedz7c76bZJtv8Pt_V_BV_b4k5Yru6vdR1yq9mD14ddSVwH-QxkfKVZnya-BBZD8NjOsx9U2BK8aPp0/s1600/images.jpeg" title="Hasmina Gunkaminjina" /></a></div>
<h4>
<span style="font-family: inherit;">L’isola di <b>Hasmina</b> o <b>Gunkaminjina</b> (significato: l’isola di Battaglia Navale, per via della sua forma) è una piccola isola artificiale al largo di <b>Nagasaki</b> che fu costruita alla fine del diciannovesimo secolo per ospitare la comunità necessaria a estrarre il <b>carbone</b> della miniera sottostante. <b>Negli anni 70 era il posto più densamente popolato del mondo</b>: migliaia di persone in 6 chilometri quadrati e neanche una pianta. Le prime costruzioni antisismiche e anti-tifone furono costruite lì. <a name='more'></a></span></h4>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 10.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="font-family: inherit;">Nel 1974 la miniera ha chiuso e gli abitanti se ne sono andati in poche settimane, lasciando vuoto un alveare di costruzioni in cemento armato e qualche sedia.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">Rimasta isolata per 30 anni, Hasmina è ora controllata da droni per motivi imprecisati, ma anche parzialmente aperta al pubblico. L’atmosfera di questo posto è decisamente insolita: sembra di stare sui resti di un Titanic marziano. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Per visitarla è necessario prenotare e salire sull’unico traghetto giornaliero che porta pochi turisti per volta. Oppure essere un regista famoso e annunciare alle autorità locali che si intende fare il sequel di </span><b style="font-family: inherit;">Skyfall</b><span style="font-family: inherit;">.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 10.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr4MqEUdg7M3cMoAbEKrS7r0PWKLHmySV66mebAQzOBt0kE6zsGPqxbXzBiiwy6qPcKhqmvcg0JxbVWrCZm4FfUicqoyeNUYExjg4wyV31lhP4p-BMkXXg2zYSo1pi70h7DXZUOWLscVw/s1600/hashima-12.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Hasmina, Vado ciao, Loerdana de Michelis" border="0" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr4MqEUdg7M3cMoAbEKrS7r0PWKLHmySV66mebAQzOBt0kE6zsGPqxbXzBiiwy6qPcKhqmvcg0JxbVWrCZm4FfUicqoyeNUYExjg4wyV31lhP4p-BMkXXg2zYSo1pi70h7DXZUOWLscVw/s320/hashima-12.jpg" title="Hasmina Gunkaminjina" width="320" /></a><span style="font-family: inherit;">Non si possono fare immersioni, che sono interdette in tutta l’area marina circostante.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 10.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="font-family: inherit;">Non si sa ancora quale destino sia stato deciso per quest’isola che pare appartenere alla <b>Mitsubishi</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 10.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="font-family: inherit;">Di sicuro è stata, forse è, potrebbe essere, un teatro. Ma di cosa, è tutto ancora da capire.</span></div>
<br /></div>
<iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00MEG2F3I&linkId=f6af34417cf46011e6357d4db310c385" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00GPX1VFO&linkId=a977d0e35fdc6443a99554325ae3a988" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00OSAXUXC&linkId=6a9271bcdee3af1b9de8071c9a0ddbb5" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00TWRIIT2&linkId=55212a3fda07803a1e2333f638e4541e" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01MXW1BXZ&linkId=ef068c08a909a9512d9c71ca08c5d4b4" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00SC9DML0&linkId=4c9bfa074538b4b250d02bb856ce4595" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B01L69BG56&linkId=26f2885e93dd12fb1f4ecd740eb395d8" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=B00G2CAGEU&linkId=5d29432afeeaceb3cd407468360817c1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8867764489&linkId=28fa23bd07919fa39db187a3ac1f09a1" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8893190176&linkId=d9a260944f8dabfa7b877bd12953a815" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><iframe frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0" scrolling="no" src="//rcm-eu.amazon-adsystem.com/e/cm?lt1=_blank&bc1=000000&IS2=1&bg1=FFFFFF&fc1=000000&lc1=0000FF&t=visotonic-21&o=29&p=8&l=as4&m=amazon&f=ifr&ref=as_ss_li_til&asins=8864120831&linkId=bed5efa6aebae330486922da23413036" style="height: 240px; width: 120px;"></iframe><br />
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<!--EndFragment-->Loredana de Michelishttp://www.blogger.com/profile/07385725584491933093noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4518969825368393482.post-48251072075571358342013-10-28T10:34:00.000-07:002017-04-04T10:53:34.182-07:00Halloween e Brass Rubbing ad Edimburgo<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTqhIAEKmBfOQHFyVXq2wuG_SKEiz3Gul3fvKXF-g-JntuYw3cojNavlP0cW7gs6b9sHBlWII-QUBMtKorWIX3bdVqqHEO_hdrlh-vtqOW2E5W2wcGY4xCEbDx1G2EIhooXhzsK6pBAIg/s1600/thebruce.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Edimburgo, vado ciao, Loredana de Michelis" border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTqhIAEKmBfOQHFyVXq2wuG_SKEiz3Gul3fvKXF-g-JntuYw3cojNavlP0cW7gs6b9sHBlWII-QUBMtKorWIX3bdVqqHEO_hdrlh-vtqOW2E5W2wcGY4xCEbDx1G2EIhooXhzsK6pBAIg/s320/thebruce.jpg" title="Brass rubbing" width="142" /></a></div>
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Chi se lo ricordava più che da piccoli c’era un gioco, quello di posare un foglio bianco su una moneta da 10 lire e sfregarci sopra la matita per avere una fedele copia in negativo. </h4>
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Un divertimento che ora in Inghilterra richiama entusiasti da tutto il mondo. La libreria di Edimburgo ha dovuto attrezzarsi per evitare che le <b>lastre di ottone</b> <b>sbalzato</b> posate sulle <b>tombe</b> di antichi cavalieri fossero ridotte a piatte lavagnette per colpa dei fanatici del <b>Bass Rubbing</b>: trova una tomba, srotolaci sopra della carta che si fa sempre più tecnologica e passa un pastello ad olio colore metallizzato. Torna a casa, incornicia e stupisci gli amici con la tua collezione. </div>
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C’è chi ne ha fatto una mania, unendo la <b>ricerca archeologica </b>al furto di immagine in qualche modo concreto. <b>I quadri che si ottengono sono suggestivi</b>: sembrano delle radiografie medievali e hanno una loro speciale radianza, come le foto dei fantasmi.</div>
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Non che il brass Rubbing sia un’invenzione moderna, esisteva da quando esiste la nostalgia: ci sono reperti di stoffe su cui è stato fatto il rubbing con il carbone, per portare con se l’immagine di un viso scolpito, quando si partiva e si andava lontano. Era anche un’antica forma di fax-fotocopia: effigi, scritte, blasoni e simboli di appartenenza a sette segrete venivano così trasmessi senza rischio di falsificazione.</div>
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Alla l<b>ibreria di Edinburgo</b> ora c’è uno spazio dedicato, al coperto, per i tombaroli meno avventurosi e quelli meno avvezzi al freddo di una lastra di metallo poggiata su un pezzo di granito in una Chiesa non riscaldata. <o:p></o:p></div>
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Si sceglie il tipo di carta, il colore dei gessetti e via a giocare, in ginocchio, scoprendo la storia palmo a palmo per poi, sporchi e contenti, portarsene a casa un pezzettino.<o:p></o:p></div>
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Alcuni si dedicano solo ai <b>simboli celtici</b> che si trovano un po’ dappertutto in <b>Inghilterra</b> e il cui significato si presta a molte interpretazioni: sono particolarmente affascianti e non si può fare a meno di credere che strofinandoli come la lampada di aladino, per ottenerne un’immagine in qualche modo simile ma diversa, succederanno cosa magiche e si sprigioneranno antiche forze misteriose.<o:p></o:p><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpD_PjHKxJAl6GoSoH1MPBv8zs6vq6s8dz0o6vV86vLfiyKwvMe0gO486-3Zqy52pA8eELvkvkjtEoLK06MHo5ZpakNAbw8JI4jYoU5aOkUXMfxLvNOHwpOXUmkwWH7jSCmkxhT-qfEXc/s1600/Victorian+Brass+Rubbing+Emporium+dragon2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="258" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpD_PjHKxJAl6GoSoH1MPBv8zs6vq6s8dz0o6vV86vLfiyKwvMe0gO486-3Zqy52pA8eELvkvkjtEoLK06MHo5ZpakNAbw8JI4jYoU5aOkUXMfxLvNOHwpOXUmkwWH7jSCmkxhT-qfEXc/s320/Victorian+Brass+Rubbing+Emporium+dragon2.jpg" width="320" /></a></div>
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